I quindici giorni di resistenza bolivariana

In Venezuela ha vinto la volontà di andare avanti, superare le molteplici cause di crisi economica e sociale e farlo con le proprie forze senza alcun intervento militare straniero, purtroppo non ancora del tutto scongiurato.

Il voto per l’Assemblea Costituente rispecchia la volontà di un esecutivo che non ha voluto forzare lo scontro e stare al gioco delle opposizioni che, invece, dal canto loro hanno tentato in tutti i modi di provocare un casus belli per consentire l’intervento statunitense.

A partire dalla convocazione del referendum-farsa passando per i due scioperi fino alle uccisioni mirate nel corso della giornata del voto, la Mud, coalizione neoliberista che si oppone al presidente Maduro, ha svelato il suo volto golpista. Nulla di quella che gli stessi organizzatori hanno definito “L’ora zero” ha, però, trascinato sul campo del solo scontro armato gli eredi di Hugo Chavez.

Con un grande senso di responsabilità verso i cittadini e lo Stato il presidente Maduro ha provato a riallacciare i colloqui con una parte dell’opposizione consentendo perfino gli arresti domiciliari dopo appena tre dei quattordici anni di reclusione a Leopoldo Lopez, ex sindaco di Chacao condannato per le violente manifestazioni del 2014 denominate la Salida.

Il voto per l’Assemblea Costituente ha visto la partecipazione del 41,53% del corpo elettorale pari a 8.089.320 cittadini, un dato sicuramente inferiore agli alti tassi di partecipazione ai quali ci ha abituati il Venezuela ma che risente della polarizzazione con le opposizioni, che dopo aver invocato a lungo il voto per una nuova fase Costituente hanno deciso di boicottarlo e tentato di impedirlo con la violenza in molti seggi nel Paese.

Un dato in ogni caso superiore a quello, non verificato, del referendum anti-Maduro convocato per lo scorso 16 luglio in seggi improvvisati dall’opposizione. In quel caso la Mud parlò di 7,1 milioni di voti senza mostrare alcuna prova dell’attendibilità dei dati mentre alcuni giornalisti facevano notare come fosse possibile votare in venti seggi diversi nel corso della giornata. Inoltre, molti dubbi vennero anche dai voti all’estero dove nonostante fossero registrate poco più di centomila persone i voti arrivati furono pari a mezzo milione.

Guardando ai dati numerici e tralasciando le percentuali appare evidente che la linea politica intrapresa fin dalla vittoria alle elezioni per l’Assemblea Nazionale del dicembre 2015 dalla Mud non ha comportato un aumento di consensi per i neoliberisti. Infatti, già nell’aprile 2013 il candidato unico alle presidenziali contro Nicolas Maduro, il governatore dello Stato di Miranda Henrique Capriles, ottenne 7.270.403 voti.

Viene così a cadere la tesi, sostenuta dai principali media statunitensi, spagnoli e perfino italiani, di un forte consenso negli storici quartieri chavisti delusi da Maduro. Viceversa il fronte bolivariano sembra aver recuperato gli scontenti che si astennero proprio durante il voto del 2015 consentendo la prima vittoria dalla fine degli Anni Novanta ad oggi alle opposizioni.

Se nel 2015 il Psuv e i suoi alleati della coalizione del Grande Polo Patriottico si fermarono a 5.622.844 voti, due milioni in meno di quelli che avevano permesso a Nicolas Maduro di trionfare alle presidenziali di due anni prima, è possibile affermare che le violenze degli ultimi quattro mesi hanno riavvicinato molti chavisti della prima ora al bolivarismo nonostante le pecche, soprattutto in politica economica, degli ultimi anni.

La società venezuelana è sicuramente polarizzata ma l’elezione dei 364 rappresentanti territoriali e 173 settoriali, ai quali si uniranno domani 8 rappresentanti indigeni, consentirà al chavismo di introdurre nella Costituzione le Missioni sociali che sarebbero state le prime ad essere cancellate da un regime change come già avvenuto recentemente in Brasile e Argentina.

(di Luca Lezzi)