La Cina investe sullo sviluppo dell’Africa

Se nell’immaginario occidentale il continente africano è sempre stato un luogo sottosviluppato, non la pensano nello stesso modo i cinesi. L’Africa, infatti, ha una crescita media di 4 punti percentuali di PIL all’anno e una popolazione in età lavorativa che a breve diventerà la più numerosa al mondo, fattori che aprono interessanti opportunità economiche.

Così, mentre l’Europa continua a faticare nel rapportarsi con i governi africani, la Cina e le sue aziende sono già lì, complici di questa esuberante crescita. I cinesi hanno deciso di scommettere sul Continente Nero con miliardi di dollari già dal 2000. Il settore di maggiore interesse per Pechino è sempre stato quello petrolifero, dove si concentra circa il 90% degli investimenti complessivi provenienti dalle grandi imprese governative per la realizzazione di partenariati con le compagnie statali locali o le grandi multinazionali. Al contempo molto significativo è l’impegno cinese in investimenti infrastrutturali, che dal 2001 al 2011 sono aumentati da 500 milioni a 14 miliardi di dollari, interessando la costruzione di centrali elettriche, reti di trasporto, strutture per le telecomunicazioni e sanitarie. Capitali che hanno alimentato la crescita di molti Stati africani. Per fare un esempio, proprio lo scorso maggio è stata inaugurata la Madaraka Express, la nuova ferrovia che collega la capitale del Kenya, Nairobi, con Mombasa, il principale porto del Paese sull’Oceano Indiano. Il progetto da 2,8 miliardi di euro è stato interamente finanziato dai cinesi e offre una valida alternativa al trasporto su gomma, che soffre terribilmente a causa della pessima condizione delle strade. Le stime degli economisti indicano che il Madaraka Express imprimerà al PIL del Kenya una spinta pari all’1,5%. Tutto questo, va detto, la Cina non lo fa per spirito umanitario, ma perché ha interessi strategici in Africa che cerca di rendere compatibili con quelli degli Stati locali. Il greggio è particolarmente appetibile per l’economia cinese, affamata di risorse energetiche; al contempo Pechino è consapevole che l’Africa, visti i ritmi di crescita attuali, potrebbe diventare un importante mercato dove esportare il proprio surplus produttivo. Proprio per difendere i suoi interessi in Africa, la Cina ha recentemente ultimato i lavori di costruzione della sua prima base militare a Gibuti, ex colonia francese situata nel Corno d’Africa. È effetto della nuova strategia del Partito comunista cinese, inaugurata del rapporto strategico della People’s Liberation Army Academy of Military Science, dove si indicava la costruzione di basi militari al fine di difendere i propri interessi esercitando un’influenza politica e militare in regioni chiave.

È sorprendente il contrasto tra il pragmatico approccio cinese e quello europeo. Mentre Pechino investe in Africa capitali immensi, facendo i propri interessi e contribuendo alla crescita economica del continente, l’Unione Europea subisce supinamente il fenomeno migratorio. L’unica misura presa da Bruxelles è stata abbandonare l’Italia al suo destino offrendole la ridicola cifra di 800 milioni di euro per gestire un problema che, solo quest’anno, si stima arriverà a costare a Roma quasi 5 miliardi di euro. A questo punto è legittimo chiedersi quale delle due vie sia la migliore. Di sicuro la via scelta dall’Unione non gioverà all’Italia e, nel lungo periodo, neppure all’Europa nel suo complesso. Non sarebbe forse più utile per tutti se l’Europa destinasse i propri fondi al contrasto del traffico illegale di esseri umani, investendo contemporaneamente in quegli Stati da cui partono la maggior parte dei migranti economici? A noi la risposta sembra piuttosto semplice.

(Di Lorenzo Tubani)