Zakharchenko proclama la creazione della “Malorossiya”

Il leader della Repubblica Popolare di Donetsk, Alexander Zakharchenko, ha da poco proclamato l’intenzione di creare la “Malorossiya” (Piccola Russia), un nuovo Stato che dovrebbe includere tutte le aree dell’Ucraina – le zone controllate dai ribelli del Donbass e quelle controllate dal regime di Kiev. Questa nuova entità statale è stata concepita dal leader separatista come un “successore” dell’Ucraina, visto che lo Stato ucraino imperniato su Kiev “ha dimostrato di essere uno Stato fallito, incapace di fornire pace e prosperità ai suoi residenti”. Il vicolo cieco degli Accordi di Minsk hanno dunque fatto nascere nei ribelli del Donbass l’idea di ridisegnare daccapo la forma e la struttura dello Stato ucraino stesso, per poter intraprendere un vero processo di pace.

L’idea dei filorussi sarebbe un ribaltamento delle dinamiche del processo di pace: la capitale verrebbe spostata da Kiev a Donetsk, che si impegnerebbe a ricongiungere il paese in un nuovo processo di pace là dove Poroshenko e i suoi manutengoli hanno fallito. Il tutto sarebbe sigillato da un referendum popolare e dall’intervento della Federazione Russa, esplicitamente invocata dalle autorità novorusse, per la creazione di uno Stato federale dotato di ampia autonomia. In quest’ottica verrebbe ripristinata l’unità dell’Ucraina, nell’ottica però di uno Stato decentralizzato ed egemonizzato dal Donbass.

La “Malorossiya”, più che una invocata creazione artificiosa odierna, è stata, nei secoli passati, una cosa reale, a metà tra entità statale e territorio legato alla Russia. È esistita come Stato autonomo dal 1764 al 1781 (benché i primi riferimenti alle terre ucraine come “Piccola Russia” risalgano al XIV secolo), ed ha continuato ad assumere quella denominazione fino agli albori del XX secolo. La Malorossiya non si differenzia sostanzialmente dall’Ucraina a livello territoriale: è una definizione del suo territorio che la lega e la àncora alla Madrepatria russa (similmente alla Bielorussia, definita fino a pochi anni fa come “Russia Bianca”), che lega l’identità ucraina a quella russa in un’unione che trovò la sua consacrazione secoli fa – ai tempi dell’Impero zarista – senza dimenticare componenti importanti della popolazione come i cosacchi. Attualmente, prima della mossa della Repubblica Popolare di Donetsk, l’idea della Malorossiya era poco più che un fantasma storico-culturale: qualcosa di legato passato ma non del tutto scomparso, e quindi ancora utilizzabili in determinati frangenti storici – se non altro a livello ideale.

La proposta di Zakharchenko, verosimilmente, non è altro che una mossa diplomatica: la prima conferma ci giunge da Lugansk, dove Igor Plotnitsky, presidente della Repubblica Popolare di Lugansk ha dichiarato che “non prenderà parte al progetto”, mentre un altro esponente della stessa Repubblica separatista, Vladimir Degtyarenko, ha espresso dubbi sul fatto che si tratti di una “decisione appropriata”. Nemmeno la Novorussia per intero sembra dunque compatta su questa curiosa proposta, che tuttavia, secondo il Ministro delle Finanze della Repubblica Popolare di Donetsk Alexander Timofeev “non viola gli Accordi di Minsk”.

Le reazioni delle diplomazie all’idea della Malorossiya non potevano essere più prevedibili. Petro Poroshenko, Presidente ucraino, ha ovviamente condannato l’idea, promettendo la restaurazione della sovranità ucraina su Donbass e Crimea e il “fallimento del progetto della Malorossiya, così come era fallito il progetto della Novorussia”. Anche la Germania, uno dei protagonisti e garanti degli Accordi di Minsk, ha condannato la proposta, ribadendo la necessità di tenere fede agli Accordi di Minsk. Sostanziale silenzio, per ora, presso il Cremlino, anche se diversi esponenti politici hanno tiepidamente dato il loro sostegno all’idea della Malorossiya – o quantomeno alla rifondazione di uno Stato ucraino su basi federali.

Certamente, ora come ora, il progetto della Malorossiya è poco più che un sogno velleitario – e, più concretamente, è una manovra diplomatica di Donetsk per modificare lo scenario ucraino. È difficile capire gli scopi di questa proposta, che non ha avuto altri effetti se non aumentare il solco e la tensione con Kiev, agitando lo spauracchio – che certamente non può essere accettato dalle autorità ucraine – di un’egemonia di Donetsk su tutto il territorio. È verosimile, dunque, che si tratti di una manovra che cerchi una eco al di fuori del territorio ucraino – dove sicuramente qualsiasi proposta del genere resterà lettera morta – e che intenda influenzare o trovare responsi presso altre potenze.

(di Leonardo Olivetti)