Faccia a faccia Putin-Trump: dalla Siria alla Corea del Nord. Argomenti trattati e accordi raggiunti

Il primo faccia a faccia fra Vladimir Putin, Presidente della Federazione Russa, e Donald Trump, Presidente degli Stati Uniti, si è concluso con più risultati, a vantaggio di entrambe le parti.

Occorre precisare che Putin si è presentato al tavolo delle trattative in una posizione di vantaggio: infatti il leader russo gode di un solido peso politico sia in ambito interno, sia in ambito internazionale.

Stessa cosa non si può affermare di Trump: il magnate americano, sebbene continui a esercitare l’influenza statunitense sui propri alleati, non ha l’appoggio del Congresso e dei Repubblicani, i quali accusano il tycoon di essere in combutta con i russi, oltre a presentare una politica internazionale ambigua, in contrasto con le sue dichiarazioni in campagna elettorale. Infatti, l’America di Trump continua a mantenere alta la tensione con Nord Corea e Russia, rifiutandosi anche di supportare il legittimo governo siriano nella lotta al terrorismo.

Tuttavia, l’incontro, per il quale era prevista una durata massima di 45 minuti, si è protratto per due ore, durante le quali i due leader si sono accordati su un cessate il fuoco in Siria, hanno discusso della presunta ingerenza russa nelle recenti elezioni americane, definito la situazione in Ucraina, parlato della cybersicurezza in Rete e trattato della questione Nord Coreana.

Di questi temi il più significativo è probabilmente l’accordo siriano, che mette in atto da domenica 9 luglio un cessate il fuoco nel sud-ovest del Paese, in un’area compresa tra i governatorati di Quneitra, Daara e la zona del Golan siriano, recentemente vittima di raid israeliani. Questo accordo è sostenuto fortemente da Israele e dalla Giordania, le quali temevano una possibile offensiva di Damasco sulla frontiera Sirio-israeliana, condotta dalle milizie sciite e da Hezbollah.

Con la tregua, quindi, si verrebbe a creare una sorta di “zona cuscinetto” che possa tenere lontana Hezbollah, visto da Tel Aviv come la minaccia principale. Il cessate il fuoco nell’area, però, torna favorevole anche ai governativi. Infatti, con l’allentamento della pressione nella parte sud-occidentale del paese, l’Esercito Arabo Siriano può concentrarsi su altri obiettivi di primaria importanza, come difendere il confine Irakeno-Siriano (il quale permette il passaggio di milizie sciite) e condurre ulteriori offensive contro l’Isis e i ribelli, sopratutto nel nord del paese. Ovviamente è un’arma a doppio taglio, poiché, oltre ai governativi, anche le milizie ribelli hanno l’occasione di rifornirsi e di riorganizzarsi in vista della ripresa delle ostilità.

Rex Tillerson, portavoce della Casa Bianca, ha dichiarato inoltre che non vede un ruolo a lungo termine per Assad. Ciò fa comprendere che gli USA, nonostante l’accordo raggiunto, non cederanno sui loro interessi e sulle richieste avanzate da tempo. La Siria, a fine guerra, probabilmente verrà smembrata, e i territori in mano agli alleati degli Stati Uniti saranno intoccabili per Damasco. Bisognerà vedere se in seguito ad altri incontri Putin non si ceda, lasciando la Siria all’amministrazione ba’athista.

Un altro importante patto raggiunto dai due leader è quello relativo alla sicurezza in Rete. Hanno infatti stabilito di formare una forza congiunta per contrastare eventuali cyberterroristi. Inoltre, il capo del Cremlino ha negato qualsiasi ingerenza russa nelle elezioni americane, argomento che sta molto a cuore al Congresso, e molto pericoloso politicamente per Trump, perché mina il suo stesso potere politico, di già ridotto ai minimi storici.

Per quanto riguarda l’Ucraina è stato deciso di formare una commissione che si occupi di risolvere diplomaticamente la crisi per evitare ulteriori morti e scontri, oltre che per definire la situazione dei ribelli del Donbass.

Infine, i due capi di Stato hanno discusso dei lanci compiuti dalla Corea del Nord, ma non sono riusciti a trovare un accordo. Gli USA, infatti, sono timorosi di un aumento, sia in termini di qualità che di quantità, dell’armamento di Pyongyang, oltre che bramosi di ottenere un pretesto che mantenga in vita la propria macchina bellica.

Attualmente, i nordcoreani rappresentano l’avversario ideale per Washington, poiché permette alle flotte americane di stazionare nell’Oceano Pacifico e di mantenere dei contingenti in Estremo Oriente. Nonostante la mancanza di intesa con il Cremlino su questo punto, Tillerson ha affermato che l’amministrazione USA ne parlerà con la Cina, principale alleato di Kim Jong-Un, nell’ottica di trovare una “soluzione” comune alla situazione, magari isolare ancora di più il Paese.

Complessivamente, l’incontro ha evidenziato volontà di collaborazione tra le due parti, anche se secondo alcune fonti, sono volate parole “dure” fra i due presidenti. Però, nonostante tutto, sono stati affrontati molteplici temi ed è stato mostrato un notevole cambio di rotta nell’amministrazione Trump. Il vertice svolto avrà ripercussioni durature sull’andamento degli eventi mondiali, definendo diverse situazioni non ancora risolte. Vedremo se le promesse verranno mantenute.

(di Federico Gozzi)