Migranti: sanzioni UE contro Ungheria, Polonia e Repubblica Ceca

Il commissario Ue Dimitris Avramopoulos ha annunciato, in occasione di un aggiornamento sul programma della ‘relocation’, l’avvio delle procedure di infrazione contro Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca per i mancati ricollocamenti dei profughi da Italia e Grecia. Il burocrate di Bruxelles ha inoltre dichiarato che «dispiace constatare che nonostante i ripetuti appelli, Ungheria, Repubblica Ceca e Polonia non abbiano ancora agito. Spero che questi tre Paesi possano riconsiderare la loro posizione e iniziare a contribuire in un modo giusto».

Annunciando anche che in caso di ripensamento delle posizioni dei Paesi in questione la Commissione sarebbe pronta a ritrattare, Antonio Tajani, presidente del Parlamento Europeo, ha rimarcato il ruolo dell’eurocamera nella presa di posizione della Commissione; l’italiano ha infatti dichiarato che «la Commissione europea ha raccolto la nostra pressione perché si faccia rispettare l’accordo sottoscritto. Chi aveva ricevuto per tanti anni solidarietà dai Paesi del sud Europa non può tirarsi indietro quando c’è da essere solidali con Paesi che vivono momenti di difficoltà».

Dure le reazioni dei tre Paesi a rischio sanzioni. Il ministro degli esteri ungherese Peter Szijjarto ha infatti replicato affermando che la decisone della Commissione è «un puro ricatto e un atto antieuropeo». Mentre da Praga il premier Bouhslav Sobotka ha rilasciato la seguente dichiarazione: «La Repubblica Ceca non è d’accordo con il sistema, anche a causa del peggioramento delle condizioni della sicurezza in Europa», aggiungendo che «siamo pronti a difendere coerentemente questo nostro atteggiamento nell’Ue e davanti ai rispettivi organi giudiziari».

Più tiepida la reazione dei polacchi. Il presidente Duda ha infatti commentato la decisione di Bruxelles affermando che «la Polonia è un Paese aperto, dove chi ha bisogno di aiuto può riceverlo, ma non in modo “forzato” come vorrebbe l’Ue». In maniera analoga il portavoce Bochenek ha aggiunto che «la decisone va rispettata, anche se non siamo d’accordo». Concludendo ha poi affermato che il piano della ricollocazione dei migranti non rappresenta la soluzione al problema migratorio.

(di Pietro Ciapponi)