Le assurde priorità della Boldrini in un Paese che collassa

Vuole un adagio popolare che nelle città, proprio a ridosso delle elezioni comunali, le buche sulle strade vengano miracolosamente sistemate.

Non fa molto diversamente il governo nazionale quando, pochi mesi prima del suo decorso naturale, spinge a tutti i costi per approvare in qualche mese tutto quello che non è riuscito a compiere in quasi cinque anni. In special modo se le imminenti elezioni (Settembre? Ottobre? Febbraio dell’anno prossimo? Chi lo sa) non è affatto sicuro che le vinca la stessa coalizione.

Apriamo “la Repubblica” di sabato 3 giugno. L’intera pagina 7 è riempita in tre lunghe colonne dall’intervista alla Presidente della Camera Laura Boldrini, persona non nuova a polemiche e in questi giorni criticata per il suo malcelato disgusto al cospetto della Brigata Folgore nella parata della Festa della Repubblica.

Questa intervista rivela molto, moltissimo. Partendo dal titolo: “Ora serve uno sforzo per non deludere le richieste del paese”. Caspita. Quali? “Il codice antimafia, il biotestamento, lo ius soli, il processo penale, la tortura, la legalizzazione dell’uso personale e terapeutico della cannabis […] il cognome della madre ai figli, il sostegno normativo agli orfani di femminicidio […] il contrasto all’omofobia”.

Ora: fare ironie sulla sua personalità fuori dagli schemi in contrasto a qunato il suo ruolo istituzionale gli imporrebbe è facile, e non bisogna cadere in questo gioco. E inoltre nessuno obietta che alcuni di questi provvedimenti possano essere effettivamente di qualche utilità, seppur non da tutti condivisi.

Tralasciando, perché merita un capitolo a parte, la deleteria idea di imporre lo ius soli in Italia con l’enorme rischio di peggiorare ulteriormente il problema dell’immigrazione clandestina, il grosso problema è come questi provvedimenti vengono da lei presentati: come delle urgenze, delle priorità.

“Mi stanno a cuore e so che sono nel cuore di molti cittadini”. Che alla signora stiano a cuore non avevamo dubbi; che stiano a cuore anche a molti cittadini, si potrebbe discutere. Anche le unioni civili, dal rumore che hanno fatto, stavano a cuore, salvo come evidenziava Repubblica rivelarsi un mezzo fallimento. Perché? Per un motivo piuttosto semplice: non sono priorità in questo preciso momento.

Non lo sono, perché nella attuale situazione nella quale versa la nazione Italia la bulimia di diritti civili si rivela inefficace, inutile specchietto per le allodole. Non che dei diritti civili o di provvedimenti simili ci si debba occupare solo in tempi di vacche grasse, ma a sentire Laura Boldrini questi sono di fatto l’unica cosa che conta.

E continua: “In questa legislatura abbiamo approvato […] unioni civili, caporalato, reddito di inclusione”. Bene avere tutto questo, ma a quale pro permettere tutto a tutti senza che tutti abbiano i basilari diritti sociali? Abbiamo visto riforme del lavoro volte a peggiorare i diritti dei lavoratori in un paese con la disoccupazione a doppia cifra –senza contare il cuneo fiscale a livelli di usura-; riforme scolastiche sempre più pasticciate in un paese che soffre sempre più di abbandono scolastico; e nessuna, proprio nessuna, nuova tutela alla famiglia e incentivo alla maternità. Nell’attuale situazione, riforme del genere sono semplici passate di vernice sui muri di una casa che crolla.

La fretta di approvarle deriva non solo dalla annunciata e prevista fine della legislatura, anticipata o naturale essa sia, ma anche dal fatto che un nuovo governo a guida PD –a prescindere da quale sarà la legge elettorale- potrebbe non vedere la luce. Basta scorrere di nuovo Repubblica, pagina 2, e consultare il sondaggio SWG: il partito di Grillo è l’unico che raccoglie consensi trasversali, di qualunque classe sociale ed età, e naviga attualmente al 27.8%.

La coalizione Lega-FI-FdI al 30.4%; Pd e compagnia, solo al 32%. Un vantaggio tutt’altro che stabile. E per questo si naviga a vele spiegate per approvare tutte queste leggi: per tappare, ancora una volta, le buche mai sistemate in tutti questi anni e dire agli elettori che qualcosa si è fatto. E se non si sono risolti i problemi gravi, gioiamo: finalmente potremo dare ai nostri figli il cognome della madre.

(di Federico Bezzi)