Azienda licenzia neomamma: solidarietà dei colleghi, tutti in sciopero

“Tutti in sciopero, immediato e all’improvviso”, inizia così il comunicato sindacale che annuncia lo sciopero dei dipendenti dell’azienda Reggiani Macchine di Grassobbio, società assorbita 18 mesi fa dalla multinazionale americana EFI, dove una neomamma, dipendente degli uffici amministrativi, recentemente rientrata al lavoro dopo alcuni mesi dal parto del secondo figlio, ha riscosso un’amara sorpresa, la donna ha infatti ricevuto una lettera di licenziamento per “giustificato motivo”.

Dura e immediata la reazione dei sindacati di categoria, Fim Cisl e Fiom Cgil, e dei 230 dipendenti dell’azienda bergamasca che nella giornata di ieri hanno scioperato in blocco e indetto una manifestazione nei pressi dello stabilimento.

Nella nota congiunta di Fim e Fiom si legge: “I lavoratori sono preoccupati soprattutto dalle modalità e dalle relazioni sindacali che la proprietà ha adottato da qualche tempo, chiedono il ritiro del licenziamento e il ripristino di un sistema di relazioni corrette“.

Bisognerà approfondire ciò che è successo, ma da ciò che appare alla fabbrica Reggiani si è consumato un fatto grave e, contemporaneamente, un gesto di solidarietà importante da parte dei 230 dipendenti della fabbrica, scesi in sciopero contro il licenziamento di una collega appena rientrata dalla maternità. E’ uno straordinario segnale di sensibilità e consapevolezza del valore dell’unità. E’ questa la via per sconfiggere le ingiustizie e l’arroganza che è spesso dietro alle scelte pagate dai lavoratori e soprattutto dalle lavoratrici. Da Bergamo arriva una lezione di futuro”, questo il commento di Titti Di Salvo, vicepresidente dei deputati del Pd.

Questo caso rappresenta l’ennesima dimostrazione di come il ruolo della madre nella nostra nazione venga messo in secondo piano, a favore delle logiche capitalistiche che vedono la donna come ennesimo fattore produttivo. In uno Stato, come quello italiano, che soffre una grave di crisi demografica, le istituzioni dovrebbero incentivare programmi di natalità, e non accettare i soprusi delle grandi aziende contro questa pratica.

Con buona pace di chi vorrebbe una sostituzione etnica per risolvere la piaga delle poche nascite con l’ingresso di masse allogene, lo Stato dovrebbe farsi garante della tutela delle madri, e incentivare con contributi economici e non, le famiglie che intendono mettere alla luce nuovi nati.

(di Pietro Ciapponi)