L’ultima crisi della Casa Bianca

Ormai è una cosa che succede almeno una volta a settimana: Donald Trump fa un passo falso e i media impazziscono. Non necessariamente in quest’ordine. Il Washington Post ha riportato lunedì che il Presidente ha rivelato “informazioni strettamente riservate” al Ministro degli Esteri russo, e così facendo ha compromesso la fonte dell’informazione e infranto l’accordo di collaborazione con l’alleato anonimo (Il New York Times lo ha identificato in Israele). Secondo il Post, Trump ha condiviso dettagli di un piano terroristico dell’ISIS, inclusa la città controllata dallo Stato Islamico dalla quale è provenuta l’informazione.

I media si sono scatenati contro Trump, ma noi non possiamo perdere la testa ogni volta che uno scandalo riempie le prime pagine. Ci sono ancora molte cose importanti che devono essere comprese. In primo luogo, si accusa Trump di aver compromesso la condivisione di informazioni tra le intelligence USA e i suoi partner. Questa è una accusa molto grave e carica di conseguenze, se fondata; in quanto tale, deve essere verificata. Secondo, la battaglia tra Trump e i media è sintomo di una profonda divisione interna agli Stati Uniti. L’elezione di Trump e i fallimenti in politica estera sono a loro volta sintomi di un problema più grosso.

TRUMP E LA RUSSIA

Per comprendere l’accusa contro Trump, iniziamo a parlare di alcuni fatti inerenti ai rapporti USA-Russia. Trump ha richiesto l’aiuto della Russia per combattere lo Stato Islamico, e la Russia ha avuto un ruolo fondamentale nel contenere l’avanzata dell’ISIS in Siria. La Russia ha una importante minoranza islamica al proprio interno, suscettibile alla radicalizzazione. La Russia si è anche dimostrata vulnerabile agli attacchi terroristici, soprattutto contro gli aerei di linea, e questo è stato l’argomento dell’informazione che Trump ha condiviso. Nell’ottobre 2015, 224 persone sono morte a seguito di una bomba dell’ISIS installata su un aereo di linea russo nei cieli della penisola del Sinai. Gli USA hanno protestato per il supporto della Russia alla Siria, ma nell’ora più buia erano lieti di avere qualcuno che bloccasse l’avanzata dell’ISIS verso Damasco.

Dove la Russia e gli USA si danno battaglia è nell’Europa dell’Est. La Russia vede le mosse degli americani e della NATO come violazioni dell’accordo post-guerra fredda secondo il quale l’Occidente non doveva avanzare militarmente verso i paesi ex-URSS. Gli USA tentato di contenere la Russia e di conservare l’indipendenza degli stati nella sua sfera di influenza, in modo da mantenere Mosca debole e incapace di sfidare l’egemonia statunitense. Per gli americani, l’obiettivo è di evitare i conflitti, non di iniziarli, e quella di Trump non è la prima amministrazione che tenta di mediare con i russi. Una delle prime cose che Barack Obama tentò fu di annichilire la Russia, con il segretario di stato Hillary Clinton in prima linea.

Ha senso, dunque, che Trump tenti di costruire una solida cooperazione con la Russia nella lotta all’ISIS. Ha senso anche ricordare ai russi che gli USA sono potenti e che tengono d’occhio le mosse della Russia in Siria. I media americani non hanno apprezzato il fatto che Trump abbia invitato i russi nell’Ufficio Ovale, ma è abbastanza meschino sollevare polemiche per il luogo nel quale si è svolto l’incontro. Altrettanto meschino da parte di Trump non invitare i fotografi nell’ufficio. Da quanto si è capito, Trump non ha comunque fatto nulla di illegale.

UNA CASA (BIANCA) DIVISA

La questione non è quello che Trump può aver detto o non detto. È piuttosto che Trump non può fidarsi nemmeno dei suoi consiglieri più stretti. Chiunque abbia fatto uscire l’informazione era nella stanza con lui. Ciò significa che qualcuno, e qualcuno che ha accesso alle stanze segrete, ha messo a repentaglio non solo la sua stessa carriera ma anche l’efficacia delle relazioni USA-Russia, e la credibilità stessa degli Stati Uniti verso il mondo e i propri alleati con i quali condivide le informazioni. Ciò fa apparire Trump in cattiva luce, fa apparire gli USA inaffidabili, mina la credibilità della sua amministrazione. È una vittoria per lo Stato Islamico e per i nemici degli USA.

Il problema maggiore di Trump è che conta troppo sul proprio carisma personale. Max Weber, padre della moderna scienza sociale, scriveva in “Politica come vocazione” che il potere politico si mantiene in tre modi: con la tradizione, il carisma e la legalità. Di questi tre, Trump ha solo il carisma. Non ha il potere di persuadere, né di garantire la fedeltà dei suoi sottoposti. Il ramo legislativo e quello giudiziario hanno già bloccato le sue iniziative molte volte. Molti dei burocrati e dei tecnocrati non lo amano. Il fatto che abbia vinto le elezioni grazie al supporto una parte consistente della popolazione non è abbastanza per governare. Quella parte rappresenta solo il 35-41% dell’elettorato. Molti comparano Trump a Duterte, Xi, Putin ed Erdogan. Il paragone è sbagliato per molti motivi, soprattutto perché tra questi Trump è il meno popolare nel proprio paese.

Il che ci porta alla seconda questione. L’elettorato forte di Trump è la classe media e bassa bianca. La classe media in generale negli USA è sotto pressione e non può più permettersi il Sogno Americano – una casa, un’automobile, la capacità di provvedere alla propria famiglia e andare anche in vacanza. Secondo il Pew Research Center, i salari americani sono fermi se non calati. Uno studio dell’Università di Berkeley del 2013 riporta che dal 2009 al 2012 i guadagni dell’1% più ricco sono cresciuti del 31,4%, mentre il rimanente 99% li ha visti crescere solo dello 0,4%. Trump ha fatto leva su questo malcontento per arrivare alla Casa Bianca. Che le sue politiche non diano troppo aiuto alla classe che lo ha votato, non ha importanza. È questo il segno di un leader carismatico: una figura che riesce a farsi votare anche da chi vota contro il suo stesso interesse.

Negli Stati Uniti c’è una forte divisione tra la classe lavoratrice e quella urbana. I primi sono nella fazione di Trump, e i secondi nella fazione del Washington Post. I primi vogliono che Trump renda l’America grande di nuovo. I secondi si oppongono a Trump perché è Trump. La fazione di Trump si fida così poco della stampa che ogni volta che il Presidente viene attaccato rafforza la propria convinzione che lui sia coraggioso a combatterla. La fazione del Washington Post si fida così poco di Trump che ne vuole minare la credibilità in ogni modo. Il Presidente è nel mezzo di questo fuoco incrociato.

Il problema è che a perderci, nel breve periodo, sono gli Stati Uniti. La lotta contro l’ISIS viene rilegata nelle pagine interne. Le dichiarazioni sulle armi di Kim Jong Un non entrano nemmeno a pagina due. La Cina sta erodendo l’influenza degli USA nel sudest asiatico, e Washington è troppo distratta per accorgersene.

Trump deve imparare che l’arte della presidenza è persuadere, non chiedere fedeltà. In questo momento è costretto tra la sua base, che non apprezza le sue mosse per ottenere consenso anche fuori di essa, e la fazione opposta che ha a cuore più il fallimento della sua amministrazione che un suo eventuale successo. Il predominio statunitense è a rischio, anche se gli USA rimarranno la nazione più potente del mondo per molti anni ancora. Ma quelle stesse forze hanno prodotto Trump e la situazione attuale degli Stati Uniti, e finché la nazione sarà così divisa la strada sarà tutta in salita, e l’applicazione del potere statunitense nel mondo ne risentirà.

(da Geopolitical Futures – Traduzione di Federico Bezzi)