Viviamo in un’Europa che non protegge i suoi figli ma alleva e coccola i suoi carnefici

“I cittadini europei non capiscono che i loro governanti, armando quelli che chiamano ” ribelli”, stanno crescendo delle serpi in seno che presto o tardi colpiranno l’Europa come oggi fanno con il popolo siriano”.

Era il 2012 quando Bashar al-Assad esprimeva queste parole in un’intervista a Damasco. Laurent Fabius, Ministro degli Esteri del governo di Francois Hollande, sorvolando sui massacri nella cittadella cristiana di Maaloula, elogiava Jabhat al-Nusra per le ottime operazioni militari compiute in Siria e i politici belgi, sotto l’effetto alcaloide dei “venti di democrazia” delle Primavere Arabe, definivano “partigiani della libertà” tutti quei cittadini musulmani partiti con niente o poco più per andare a combattere il terribile “dittatore” di turno.

Tutto restava inascoltato, quasi fosse un delirio di una mente instabile. Nel frattempo cinque anni sono trascorsi e l’Europa non ha fatto altro che piangere; dalla strage di Charlie Hebdo (20 morti) a quella del Bataclan (137 morti), passando a quella di Nizza (86 morti) e diverse altre, finendo con quella di stanotte a Manchester, costata la vita a 22 persone, in maggioranza minorenni. Sono lacrime di coccodrillo e di ipocrisia, naturale conseguenza dell’essersi scelti come “alleati” chi i tagliagole li finanzia e ci fa il bello e il cattivo tempo da 30 anni per i propri fini geopolitici, ossia le petromonarchie del Golfo e gli USA.

Sono fresche nella mente le immagini del Parlamento Europeo che da l’assenso all’aggressione alla Libia di Mu’ammar Gheddafi per fare un favore a Washington. Così come il volto di Federica Mogherini, sorridente e tronfia, intenta ad intrattenere rapporti commerciali con l’Arabia Saudita, quasi ignorando che dai loro palazzi dorati partono i fiumi di capitali atti alla diffusione della dottrina islamica wahhabita sul suolo europeo.

Non è una novità che tramite progetti di costruzione di moschee e “centri culturali” finanziati da Riad cresce e matura il germe dell’estremismo islamico. Parallelamente, il retaggio saudita in Occidente (sfumato da interessi a stelle e strisce) passa per forza di cose dal contrasto agli storici nemici mediorientali, ossia la Siria affiancata da Mosca e l’Iran. Paesi e popoli grazie ai quali lo Stato Islamico ha incassato gravi colpi e di cui l’Occidente si ostina a non riconoscerne il merito.

Che si abbandonino le “Imagine” strimpellate, le candele e i gessetti colorati per pulirsi la coscienza a seguito di ogni attentato e si faccia qualcosa di concreto; si accantoni la corsa alle sanzioni e si creino ponti con Russia, Iran e Siria, gli unici portatori di speranza negli equilibri geopolitici del Medio Oriente. Il bene risiede qui, e non nel takfirismo sunnita come, da Riad, ha voluto fare intendere vergognosamente Donald Trump.

(di Davide Pellegrino)