Per capire B.B. King è sufficiente sentire e lasciarsi trasportare dalla classe del vibrato racchiuso nel fraseggio al minuto 00:05 di Lucille. lo Slow Blues che è universalmente riconosciuto come la vera e propria dichiarazione d’amore alla sua chitarra, una Gibson ES-335 nera per la quale, in una anonima serata invernale del 1949, per via di un incendio divampato in una sala da ballo dell’Arkansas a causa di un litigio tra 2 uomini – uno di essi, in seguito ad una colluttazione, finì sul barile di cherosene usato per riscaldare l’ambiente -, il Bluesman di Itta Bena (Mississippi) rischió la vita affinché non venisse inghiottita dalle fiamme.
Eric Clapton soprannominò la sua Fender Stratocaster del 1956 – assemblata con le migliori meccaniche derivanti da “Strat” da lui precedentemente possedute – “Blackie”, a causa del suo colore nero. Stevie Ray Vaughan soprannominó la sua Fender Stratocaster rossa del 1963 – chitarra di seconda fascia rispetto alla mastodontica ed enormemente abusata “Number One” – “Lenny”, in onore della moglie Lenora Bailey. Allora tale soprannome, affibbiato da B.B. King alla sua insostituibile Gibson ES-335, da cosa deriva? Molto semplice. Poco dopo il litigio dei due uomini all’interno della sala da ballo, B.B. King venne a scoprire che il motivo dello stesso era l’amore per la stessa donna, una afroamericana il cui nome era Lucille.
Da quel giorno, di conseguenza, il Blues Boy battezzò tutte le sue ES-335 con quel nome, come monito a non abbandonarle mai, nemmeno nelle situazioni più critiche e disperate. Di Lucille e dei sentimenti che prova per lei, il “Re del Blues” ne parla in ogni suo brano; da “Thrill is Gone” a “Caledonia”, da “Blues Boy Tune” ad “Everyday I Have The Blues” finendo con “You Done Lost Your Good Thing Now” è un continuo spiegarci o farci sotto intendere le emozioni e i coinvolgimenti che le trasmette ogni qual volta la tiene tra le dita e ne fa riecheggiare le timbriche e le sonorità dinanzi ad una platea, in uno studio di registrazione o, semplicemente, a casa, da solo, in preda ad un’ispirazione su Blues Standard celeberrimi quali “The Sky Is Crying” o “Stormy Monday”, del quale si ricorda con molto piacere la celeberrima versione della Allman Brothers Band, nel 1971, a Fillmore East, con uno Skydog Duane Allman fenomenale alla chitarra Slide di derivazione Elmore James.
Tramite l’ineguagliabile ed inconfondibile vibrato – dolce e delicato a differenza di quello corposo di Stevie Ray Vaughan, udibile in brani quali “Texas Flood” e “Say What!” e nell’album “In Session” del 1982 nel quale, emozionato, improvvisa con il suo maestro, Albert King – B.B. King, ogni volta, ci focalizza nella mente l’immagine retrò di 2 innamorati che passeggiano per le vie delle città, quasi fossero addirittura una cosa sola. In fin dei conti è così, nell’immaginario collettivo scindere B.B. King dalla sua Lucille è impossibile, ci si sente male, si rimane estraniati, addirittura turbati. Vederlo, ad esempio, con una Stratocaster in mano, come Jimi Hendrix, è anacronistico e fuorviante. Un amore profondo, che solo la morte, avvenuta il 14 maggio 2015 e che colgo l’occasione di commemorare, ha saputo distruggere.
(di Davide Pellegrino)