Basta con la retorica del “terrorista cittadino europeo”

I media hanno definito “di nazionalità francese” il jihadista protagonista dell’attentato sugli Champs-Elysèes. Si continua ad ignorare – volutamente ed ignorantemente – una drammatica realtà politica che sta interessando molti Paesi europei – dalla Francia stessa all’Olanda, finendo con la Svezia -, i quali hanno consentito che si venissero a formare enclaves di cittadini di Stati non occidentali che, nonostante abbiano la cittadinanza del Paese ospitante, di fatto non sono in grado di sentirne un feeling in termini di cultura e stile di vita.

Sono milioni di persone e, come dimostrano gli innumerevoli casi, sono capaci di organizzarsi e costituire una minaccia se intortati da una determinata propaganda. E’ un problema sociale che ovviamente gli eurocrati, così come 3/4 dei benpensanti, sottovalutano, minimizzano o cercano di risolvere con soluzioni utopistiche.

“Sono casi isolati”, “sono vittime della discriminazione e dell’emarginazione tipica delle periferie”, dicono. Con una superficialità e banalità disarmanti vengono confusi semplici iter burocratici puramente formali con situazioni sostanziali analogamente a quanto fatto con altri terroristi come Salah Abdeslam, Abdelhamid Abaaoud o i fratelli Saïd e Cherif Kouachi, definiti transalpini o belgi perché nati e cresciuti a Parigi o Bruxelles nonostante abbiano agito in base ad una identità culturale ben radicata nel loro cervello malato e diametralmente opposta ai valori ” Liberté, Égalité, Fraternité” o dell’Illuminismo.

È la nostra visione politically correct che sostiene che siano europei, ma in moltissimi casi non si sentono affatto ciò che noi vogliamo illuderci che siano, come si capisce da molte loro azioni e molti loro comportamenti, anche banali e quotidiani. Alla prima occasione manifestano il loro odio contro l’Occidente e sventolano la bandiera alla quale sono legati, che non è quella del Paese dove, molto spesso da perfetti parassiti e a spese altrui, vivono.

(di Davide Pellegrino)