Macron vince, Le Pen ambigua: “Il movimento dovrà cambiare”

Parole che fanno pensare, quelle di Marine Le Pen, immediatamente dopo l’esito del voto: “Sono convinta che il movimento debba rinnovarsi completamente, per poter essere all’altezza di questa opportunità storica e delle attese dei francesi”. Le elezioni transalpine si sono concluse con il più prevedibile dei risultati: Emmanuel Macron stravince con oltre il 65% dei voti, la Le Pen si accontenta del 35%.

Sul nuovo e annunciatissimo inquilino dell’Eliseo, abbiamo parlato tanto nelle scorse settimane: la sua provenienza, addirittura dichiarata, dagli ambienti super-europeisti, la sua scarsa appetibilità sociale, i suoi numerosi sostegni nel mondo – non solo politico – francese.

Abbiamo scritto molto su Marine, così tanto che non credo sia necessario proporre ulteriori sintesi, a differenza del candidato di En Marche! che rappresentava – da un punto di vista puramente giornalistico – una “novità” a cui dover prestare attenzione.

Ma torniamo all’ambiguità di cui sopra. Cosa vuol dire che “il Front deve cambiare”? Annunciare in diretta una decisione drastica non è evidentemente necessario, a meno che non si tratti di qualcosa di concreto. E infatti a fare eco a Marine è Florian Philippot, uno dei vicepresidenti del FN e consigliere di fiducia della Le Pen, che preannuncia apertamente il “cambio di nome” per il partito.

Ovviamente è prematuro fare considerazioni troppo nette. Ma cambiare nome, nel sistema democratico occidentale, non è quasi mai buon segno. Per lo più a nomi diversi corrispondono prospettive ideologiche completamente estinte, se non confluite in quelle del pensiero e delle politiche dominanti.

Da noi gli esempi si sprecano. Nomi diversi (Pds, Ds, Pd, An, Pdl, passando indistintamente da sinistra a destra) hanno storicamente dimostrato che i cambiamenti spesso portano alle svendite, specialmente se diretti a movimenti ideologicamente ben definiti.

In Francia le numerose denominazioni della parte politica che si è ispirata al cosiddetto gollismo, ovvero una parte rilevante dell’approccio più genuinamente patriottico transalpino, si sprecano a loro volta (da Raggruppamento del Popolo francese postbellico al recentissimo I Repubblicani, datato 2015). L’unico risultato? Promuovere, col passare del tempo e nei fatti, una politica finanziaria ed economica globalizzata che col sovranismo di stampo tradizionale c’entra poco o nulla (salvo alcune sparute dimostrazioni di forza del tutto inconsistenti che però la Francia è ancora in grado di palesare).

La sensazione è che il Front National si stia avviando verso un’istituzionalizzazione marcata e ben definita. Magari per fare concorrenza proprio al gollismo nel campo della “destra” francese. Strategia per vincere in futuro e avanzare senza produrre traumi? Può darsi. Ma le storiche baruffe in famiglia lasciano pensare a un epilogo triste.

E la storia, anche qui, recita implacabile: vincere perdendo smalto ideologico, modificandolo ad arte, porta la politica anti-sistema a venire inglobata senza troppi complimenti. Perché la verità su questo sistema politico occidentale, al netto di varianti nazionali che continuano ad esistere, è questa: c’è chi – ovviamente minoritario – vorrebbe tanto un ritorno al patriottismo quanto l’Unione Europea fuori dai piedi, ma non appena inizia ad odorare posizioni di potere si trova nella impossibilità tecnica di farvi seguito.

Ed ecco che cambiano i nomi, partono le “istituzionalizzazioni”, di nome o di fatto (Trump). Fino ad oggi era più difficile accorgersene, negli ultimi anni, a seguito della crisi e di politiche pure piuttosto goffe, la cosa è diventata evidente.

Il potere costituito è troppo, infinitamente più forte delle manifestazioni patriottiche spontanee, pur discrete come può essere quella francese, praticamente una delle poche capaci di sviluppare un vero seguito di massa in Occidente. Ma finché non viene fuori una spinta reale “dall’interno” non c’è niente da fare. Si può solo fare un po’ di rumore e “mettere paura”. Tutto lì.

Nessuno è chiaramente in grado di leggere nel pensiero. Mi limito a dire che in questo caso è ancora più inutile porsi il problema. Quanto i politici vogliano o non vogliano una vera svolta, almeno ad oggi, è del tutto incidentale. Con questo sistema – che non è nazionale e nemmeno europeo – semplicemente non si può.

Tanti auguri, Marine.

(di Stelio Fergola)