Alla scoperta dei “nazimao”: intervista a un ex militante di Lotta di Popolo
Il panorama politico italiano è sempre stato contraddistinto da una contrapposizione destra-sinistra (o fascismo-antifascismo). Frequentemente organizzazioni antisistema dichiaravano la loro lotta allo Stato. La contestazione giovanile, la politica rivoluzionaria da ambo le parti e la repressione verso i militanti portarono a un’escalation della violenza che culminò nello scontro e nella lotta armata, le cui vittime furono soprattutto i giovani attivisti. Ci fu in Italia un’organizzazione, Lotta di Popolo, che cercò di superare la logica degli opposti estremismi con l’intento di indirizzare le forze rivoluzionarie contro il sistema. Riesco a contattare Achille Biele, militante di Lotta di Popolo negli anni ’70 a Napoli, che ci concede un’intervista per spiegarci le ragioni e le intenzioni di quel movimento, aiutandoci a capire il contesto di quegli anni e la volontà rivoluzionaria di quei giovani che verranno bollati come “nazimao”.
-Achille, come e quando nasce Lotta di Popolo?
Lotta di Popolo nasce a Roma sul finire del 1968, divenendo punto di riferimento di militanti del Fuan Caravella, del gruppo “Amici de L’Orologio” e di Nuova Repubblica. L’atto ufficiale della sua costituzione è datato 1 maggio 1969, quando in un convegno, tenutosi a Roma confluirono sotto l’unica sigla LP alcuni movimenti extraparlamentari universitari.
-Ci racconti la tua esperienza militante nel movimento?
Io, come molti della mia generazione, ho iniziato a far politica a Napoli nella Giovane Italia, organizzazione giovanile missina, dalla quale uscii nel 1969 per aderire all’organizzazione extraparlamentare “Avanguardia di Popolo”, che nel 1970, dopo un periodo di condivisione della lotta studentesca, confluì nel movimento Lotta di Popolo, che diventerà OLP (Organizzazione Lotta di Popolo).
-Quali erano i riferimenti ideologici di Olp?
Il OLP confluirono militanti di varie organizzazioni politiche sia di estrema destra che di sinistra e ognuno portò in qualche modo le proprie esperienze culturali; c’era chi faceva riferimento alle letture evoliane, chi prediligeva Nietzsche, chi – provenendo da Giovane Europa – si ritrovava nelle idee di Thiriart e chi addirittura preferiva Marcuse. Ad unirci c’era comunque la comune volontà di combattere contro la santa alleanza Usa-Urss in difesa della libertà dei popoli.
-Quali erano le proposte di Olp in politica interna e la sua visione geopolitica?
Il primo obiettivo era ovviamente quello di “riappropriarsi delle chiavi di casa”, cedute da una classe politica imbelle e servile allo strapotere statunitense. E, ovviamente, proprio per contrastare la divisione del mondo nei due blocchi imperialisti, si rendeva necessaria la fondazione di una Europa unita ed indipendente, molto lontana da quella mercantile realizzata ai giorni nostri.
-Quali erano, secondo Olp, le ragioni di una possibile conciliazione tra le forze anti-sistema?
Le fasi iniziali delle battaglie studentesche in Italia avevano visto in prima linea molti esponenti di Olp (basta pensare ai fatti di Valle Giulia). Il nemico comune era appunto il sistema ed uniti lo si poteva sconfiggere; tant’è che la prima reazione del regime partitocratico fu quella di dividere il fronte della contestazione creando quel clima di opposti estremismi che ne lacerò la forza. OLP ha sempre cercato di rinsaldare la potenzialità rivoluzionaria della lotta extraparlamentare (ricordo che fummo tra i primi a fa nascere dei comitati pro Freda e Valpreda parlando di una strategia stragista del sistema). Purtroppo furono proprio partiti come il Psi e il Msi a fomentare la discordia studentesca.
-L’esperienza di Valle Giulia è considerata l’unica battaglia dove fascisti e comunisti combatterono assieme contro la polizia, come hai vissuto personalmente quel momento?
Non ero, purtroppo, presente fisicamente a Valle Giulia, anche se ho conosciuto quasi tutti i protagonisti di quell’epica battaglia. All’epoca ebbi l’impressione che il sistema fosse ormai alle corde: gli studenti uniti a Valle Giulia contro la polizia, il popolo di Reggio Calabria ad affrontare i carri armati, sembrava l’inizio della rivoluzione. Invece scoppiano bombe e si frantuma il fronte della contestazione.
-Quali erano i rapporti di Olp con gli altri movimenti della destra radicale (come Avanguardia Nazionale e Ordine Nuovo) e con i compagni?
I rapporti personali con i militanti delle organizzazioni di estrema destra sono sempre stati di buon vicinato (d’altra parte con molti di loro avevamo militato insieme nelle organizzazioni giovanili missine); con i compagni, invece, erano quasi sempre di feroce scontro dialettico e fisico.
–Dunque si può dire che il tentativo di conciliazione partiva da destra e non da sinistra
Indubbiamente.
-Perché Olp chiuse?
Dopo lo scioglimento di AN e di ON, e dopo la nascita delle Brigate Rosse (ricordo che una delle prime azioni brigatiste fu l’intrusione notturna nella nostra sede di Roma dove vennero trafugati i nominativi e gli indirizzi dei nostri militanti) ci eravamo accorti che la nuova strategia del sistema conduceva verso lo scontro armato e decidemmo così di auto scioglierci per evitare di essere coinvolti e manipolati dal regime.
-Dopo la chiusura di Olp hai avuto altre esperienze da militante politico?
Ho simpatizzato per il Craxi che si contrapponeva agli sceriffi a stelle e strisce a Sigonella e solo una decina di anni fa sono tornato a fare politica, dirigendo “La Sentinella del Sud” e “Ausonia”, due periodici del movimento politico Lega Sud Ausonia.
-Concludendo, quali sono i tuoi pareri sull’attuale panorama politico italiano e secondo te quali sono le prospettive future per i militanti antisistema?
Credo che il sistema oggi sia ancora più vulnerabile di ieri. Purtroppo anche le forze “antisistema” sono messe male, forse non più divise dalle false contrapposizioni fascismo/antifascismo, ma indebolite dalla frantumazione delle battaglie, cosa che rende più arduo un tentativo di ricompattarle.
L’ultima considerazione è amara ma realista. Riflettendo sull’esperienza di Olp, possiamo trarre la considerazione che l’idea di un fronte comune fu ostacolato dallo Stato come dagli stessi militanti e attivisti, ma c’è da dire che se l’utopia di Lotta di Popolo fosse riuscita a realizzarsi non avremmo avuto quei lutti che, a destra e sinistra, hanno segnato gli anni di piombo. Ma resta solo utopia.
(di Antonio Pellegrino)