Venezuela, una nuova Siria?

E’ di ieri la decisione della nazione bolivariana, resa nota dal suo ministro degli Esteri Delcy Rodriguez, di uscire dall’Organizzazione degli Stati Americani. Da oltre un mese il Venezuela è ostaggio delle manifestazioni di piazza delle opposizioni, riunite nella sigla della coalizione della Mesa de la Unidad Democratica (Tavola dell’unità democratica), e delle ingerenze nordamericane.

Il presidente statunitense Trump ha perfino ricevuto Lilian Tintori, la cui unica qualifica è quella di moglie dell’ex sindaco del municipio di Chacao Leopoldo Lopez. Lopez, esponente di spicco del partito Voluntad Popular, è detenuto dopo essere stato condannato a tredici anni e nove mesi di reclusione per il suo ruolo nelle guarimbas del 2014, le violentissime manifestazioni di piazza che causarono 43 morti e oltre 850 feriti.

Da oltre un mese la strategia dell’opposizione anti-chavista sembra essere chiara: provocare un accenno di guerra civile per ottenere l’intervento armato del gigante statunitense. A nulla sono valsi gli appelli alla pace di esponenti politici, anche europei come l’ex premier spagnolo Josè Zapatero, o dell’attuale papa latino-americano Bergoglio.

Da parte sua il socialismo bolivariano erede di Hugo Chavez vive una divisione tra l’ala civica, rappresentata dal presidente Nicolas Maduro, e quella militare, che fa capo a Diosdado Cabello. Tra i più acerrimi nemici del Venezuela figura da tempo Luis Almagro, segretario generale dell’Osa dal marzo 2015 ed ex ministro degli Esteri nel governo di Josè Mujica in Uruguay.

Nonostante lo stesso Mujica abbia preso le distanze dalle posizioni assunte da Almagro sul Venezuela, l’attuale segretario dell’Osa ha più volte invocato l’utilizzo della Carta democratica, uno strumento attraverso il quale l’Osa può stabilire che l’alterazione o l’interruzione dell’ordine democratico in uno dei suoi membri rappresenta un “ostacolo insuperabile” per la sua appartenenza all’organizzazione.

Con la decisione di uscire del Venezuela a soli venti giorni dal tentativo di alcune nazioni di non concedere la presidenza di turno dell’organizzazione alla Bolivia del presidente Evo Morales, sembra delinearsi una netta frattura tra gli stati aderenti all’ALBA (Alleanza bolivariana per le Americhe) e quelli spostatisi sul versante della destra liberale in seguito alle ultime elezioni nel subcontinente.

Non sono mancate anche in Italia prese di posizione a favore dei manifestanti, le cui violenze vengono coperte sui media tradizionali. Tra queste spiccano quelle dei centristi Pierferdinando Casini e Angelino Alfano oltre a quella dell’ex premier Matteo Renzi. Insomma lo scenario nella nazione che ha dato il via al fenomeno rivoluzionario di riscossa dell’intera America Latina somiglia sempre più a quello che diede inizio alla finta guerra civile siriana.

(di Luca Lezzi)