Speciale Eritrea: tutto sulla tratta di immigrati-spie di Afewerki

La Diaspora Eritrea e la “Grande Purga”

O. ha 36 anni ed è un rifugiato politico africano. Uno dei tanti che vagano nella giungla metropolitana. Vive in un buco di appartamento nel quartiere “Pallonetto” di Napoli. A volte trova qualche ristorante per lavorare come lavapiatti. Non ha amici, è emarginato dalla sua comunità perché è rifugiato politico dissidente di un paese tradito dalla storia.

Nel suo paese O. era un paracadutista dell’esercito e le cicatrici che ha sul volto dimostrano il duro addestramento e le violenze continue che ha dovuto subìre. Era un soldato nel paese più militarizzato al mondo, nonchè il più repressivo, nonché uno dei Paesi più poveri del pianeta. La maggior parte della popolazione ha un reddito di circa 400 dollari annui. I media occidentali, in particolare quelli italiani, non parlano mai di questo paese. Il Sole24ore lo paragona alla Corea del Nord. Ma nonostante sia un regime totalitario, la Corea del Nord è fondata su un’ideologia politica, che possiede una Costituzione, un’apparato giudiziario, e un ordinamento giuridico definito e consolidato da decenni.

Niente di tutto ciò in questo paese africano che non ha una magistratura, non ha una Costituzione, non possiede un sistema educativo, non ha un Parlamento, ed ha un governo Provvisorio con un Premier Provvisorio dal 1993. Un Paese in questa situazione, viene chiamato Stato d’eccezione. Questa è l’Eritrea, ex colonia italiana nel Corno d’Africa, da cui fuggono circa 4000 persone al mese secondo le statistiche ONU. Secondo l’International Business Time, nel 2016 sono stati oltre 20.700 i migranti di nazionalità eritrea sbarcati in Italia.

Isaias Afewerki

In Eritrea c’è solo un uomo che detiene il potere assoluto: Isaias Afewerki. Egli studiò in Cina ai tempi di Mao Tze Tung e tornò in patria per combattere la guerra di liberazione dall’Etiopia. È stato il fondatore e il leader del Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo (FLPE) nato nei primi anni ’70 dalla scissione con il Fronte di Liberazione Eritreo (ELF). Il Fronte di Afewerki era di tendenza maoista, mentre l’altro era liberale.

Entrambi i fronti condussero la guerra d’indipendenza che durò più di trent’anni, fino alla vittoria nel 1991. Dopo la fine della guerra, la fazione di Afewerki diventò un partito, il Fronte Popolare per la Giustizia e la Democrazia (PFDJ). Con il referendum popolare del 1993, Isaias diventò il Presidente del governo provvisorio dell’Eritrea, e il PFDJ l’unico partito al potere con lo scopo di trainare il paese verso la promulgazione della Costituzione che sarebbe dovuto avvenire nel 1997. Questa Costituzione non verrà mai scritta.

Nel 1998, il paese sprofondò in una nuova guerra territoriale contro l’Etiopia che terminò nel 2000, con la morte di 19.000 eritrei. Il PFDJ non era per niente incline alle promesse di giustizia e di democrazia e molti giovani, che prima erano pieni di fiducia e di speranza come O., capirono che il loro paese era diventata una trappola per topi. L’Eritrea ha avuto l’opportunità di diventare il simbolo di una nuova Africa, con una nazione nuova che nasceva nell’anno del crollo dell’URSS e della Guerra Fredda.

Mentre tutta l’attenzione dei media era rivolta al crollo delle Torri Gemelle di New York, il 18 Settembre 2001, Afewerki ordinò le “grandi purghe” contro i suoi oppositori e l’abolizione della libertà di stampa. Centinaia di arresti senza processo e detenzione in luoghi segreti nei confronti di giornalisti, leader religiosi, alti ufficiali, e 15 ministri del Governo (G15) che osarono scrivere una lettera di protesta ad Isais Afewerki per le mancate riforme, in cui veniva accusato di governare il paese in maniera illegale.

Tra i quindici arrestati c’era anche Petros Solomon, ex Ministro degli Esteri, nonchè uno dei fondatori del Fronte di Liberazione del Popolo Eritreo: della sua sorte, oggi, non si sa nulla. Nel 2003 venne arrestata anche la moglie Aster Johannes, che dagli USA era ritornata in Eritrea per riprendersi i suoi figli.

Nello stesso anno venne coinvolta nelle “grandi purghe” anche una cittadina italiana, Dania Avallone, che viveva in Eritrea dal 1991 e lavorava per il Ministero delle Risorse Marine. Voleva sapere della sorte di quelle persone con cui ha contribuito alla costruzione del giovane paese africano.

Quando ritornò ad Asmara nel 2003, dopo due anni di permanenza in Italia, vide un paese terrorizzato, sconvolto: molti dei suoi conoscenti avevano paura di salutarla per non essere denunciati dalle spie del regime. Per avere informazioni si incontrava in gran segreto con un uomo dal nome G., in una chiesa cattolica di Asmara.

Quando fu requisita e portata all’ufficio della polizia politica, all’epoca, l’ambasciatore d’Italia in Eritrea Emanuele Pignatelli non voleva compromettere la sua posizione istituzionale chiedendo la liberazione di una cittadina italiana.

Il suo predecessore, Antonio Bandini, fu espulso dopo 72 ore per aver consegnato una lettera ufficiale di protesta a favore dei G15. Ma grazie all’insistenza e all’intervento di una funzionaria dell’Ambasciata, Orietta Ranucci, oggi in pensione, si evitò il peggio. Dania Avallone fu espulsa dall’Eritrea, e dal 2004 ha fondato l’Associazione Asper che lotta per la tutela dei diritti del popolo eritreo.

I Ministri scomparsi durante la “grande purga” del 2001. Il Primo della seconda fila in basso a sinistra è Petros Solomon


La schiavitù militare e lo sviluppo negato

Dal 2001, Isaias Afewerki, “il Pol Pot africano”, edificò un paese in continuo stato di guerra e di terrore in cui il servizio militare è obbligatorio e a tempo indeterminato. Uomini e donne ancora minorenni, di 16-17 anni, vengono requisiti dalle loro abitazioni senza neanche concludere gli studi e portati nel campo di addestramento a Sawa. Per le donne, usate dagli ufficiali come schiave sessuali, diventerà anche il campo dello stupro. I soldati hanno anche incarichi civili o utilizzi da forza-lavoro a basso costo.

In tutto il paese sono disseminate carceri segrete, circa 37 secondo le fonti dei dissidenti all’estero, in un paese di 5,5 milioni di abitanti. Carceri sotterrate nel deserto: la struttura architettonica proviene dalla passata colonizzazione italiana in Eritrea. Nell’isola di Nocra, nell’ Arcipelago di Daklah, c’era il più grande campo di prigionia italiano della colonia. Con molta probabilità, Nocra è ancora in attività.

Disegno di un rifugiato politico sulle torture nelle carceri eritree

Carceri segrete come il lager di Eiraeiro, di Wia. Secondo un articolo di qualche anno fa di askanews.it, l’Unione europea ha annunciato aiuti da 200 milioni di euro a favore dell’Eritrea nella lotta alla povertà e per lo sviluppo socio-economico del Paese, attraverso l’11esimo Fondo europeo di sviluppo (Fes) del periodo 2014-2020. Ma come si può realizzare lo sviluppo economico di un paese quando i giovani, come D., fuggono da uno Stato-prigione o subiscono lo schiavismo militare? I sequestri del regime hanno paralizzato l’economia e molte imprese sono fallite.

Di sera le strade di Asmara sono quasi deserte. Gli unici giovani che frequentano i bar e i ristoranti sono i residenti all’estero che tornano in Eritrea per trascorrere le vacanze estive. Molti ragazzi si nascondono, cambiano alloggio di continuo per non essere deportati nel campo militare di Sawa. Il paese ha carenza di tecnici specializzati e di insegnanti. Il ministero dell’Educazione ha dovuto assumere 300 insegnanti indiani perché quelli eritrei sono spariti o sono stati spediti a Sawa.

Le università sono state chiuse. Ne è rimasta solo una, per i pochi privilegiati di regime. A causa della mancanza di braccia per lavorare la terra, il paese è in perenne carestia alimentare. Non si può emigrare prima dei 50 anni d’età, quando non si è più utili per il servizio militare. Anche il piccolo commercio è controllato dal regime. I commercianti ricevono 500 nafka al mese (circa 5 euro) e i guadagni vanno nelle casse del governo.

Mappa satellitare fornita dall’Onu sui 37 carceri segrete eritree


La Tassa del 2% e le spie del regime

Migliaia di giovani eritrei, anche minorenni, rischiano la morte attraversando i deserti e il pericolo del mare per raggiungere l’Europa. Fuggono dal servizio militare a tempo indeterminato e dal clima di terrore e di minaccia costante senza avere la possibilità di decidere della propria vita. D. è uno dei tanti eritrei ex militari, “traditori” del regime.

Ma non tutti gli emigranti eritrei in Europa vivono in questa condizione. La prima generazione di emigranti furono quelli che lasciarono il paese negli anni ‘70/80, quando era ancora annesso all’Etiopia e si combatteva la guerra per l’indipendenza. Sono quelli che hanno vissuto il mito del nazionalismo eritreo, che sostengono Isaias da sempre con la famosa tassa rivoluzionaria del 2%. All’inizio questa tassa serviva per finanziare la causa indipendentista e la guerra del 1998. Dopo è diventata un estorsione per finanziare le attività della sezione giovanile del PFDJ che ha varie sedi in Europa e le attività di propaganda del regime di Isaias. La tassa viene applicata sul reddito annuale di ogni individuo.

La maggior parte degli eritrei che vivono all’estero già da molti anni sono costretti a pagare: in caso contrario, i loro familiari in patria potrebbero subire delle ripercussioni. Gli eritrei residenti all’estero hanno case e terreni di proprietà nel loro paese e ogni anno ritornano per le vacanze estive. Quindi per evitare problemi e vivere tranquilli pagano e non protestano.

Chi non paga non può ricevere i servizi consolari, non può compiere nessun atto giuridico e rimane abbandonato come un apolide. Niente rinnovo del passaporto, niente possibilità di tornare, niente assistenza per pratiche e attività. Neanche un certificato di nazionalità. È del mese scorso la notizia che l’Ufficio della Polizia federale svizzera ha presentato una denuncia penale per la riscossione illegale di tasse da parte dell’amministrazione di Asmara ai cittadini eritrei residenti in Svizzera. Il fatto che il governo eritreo chieda una tassa ai suoi cittadini residenti all’estero non rappresenta di per sé un problema, ma deve essere autorizzato dalla Confederazione elvetica.

A causa dei controlli delle autorità elvetiche, la ricevuta del pagamento del 2% viene mandata alle famiglie degli emigranti in Eritrea. Se non dimostrano che il loro familiare ha pagato la tassa, possono perdere il lavoro, gli viene ritirata la tessera alimentare senza possibilità di ricevere le merci inviate dall’estero, sequestrate alla dogana dagli agenti della polizia di frontiera.

Nel 2013 il Canada espulse il console generale eritreo a Toronto, il quale fu registrato mentre pretendeva da un connazionale il pagamento di 300 dollari per finanziare l’esercito, senza poter investire in patria (Avvenire, 2013).

Il sistema di spionaggio all’estero è retto dai funzionari delle Ambasciate e dai Consolati eritrei, coadiuvati dai ristoranti di cucina eritrea, dai circoli, dalle associazioni della loro comunità, e dai militanti dello Young PFDJ. Ogni nucleo ha un referente nominato dal regime eritreo con il compito di controllare, assieme ad alcuni collaboratori fidati, il comportamento di ciascun eritreo presente sul territorio.

Funzioni principali di tale rete sono: assicurare che non venga mai espresso alcun tipo di dissenso o di critica nei riguardi del governo eritreo; controllare che ogni eritreo all’estero versi la tassa del 2%; collaborare all’organizzazione di eventi vari che, proposti come iniziative socio culturali, sono in realtà veicoli di propaganda politica.

Le spie del regime sono ovunque, spesso sono i traduttori, i mediatori culturali che lavorano per i Comuni, per la Croce Rossa, si infiltrano nelle istituzioni pubbliche e private, nei sindacati, nelle case illegalmente occupate da rifugiati. A Roma, nelle case occupate a Ponte Mammolo, Via Curtatone, al Collatino, i funzionari dell’Ambasciata Eritrea hanno finanziato le ristrutturazioni degli immobili realizzando anche dei luoghi di ricreazione.

Aster Tesfa, militante Young PFDJ

In questo modo molti rifugiati vengono “comprati” per poco per diventare al soldo del regime. Loro segnalano alle ambasciate i profughi oppositori e vengono ricattati usando come “scudo” i familiari in patria che rischiano ritorsioni da parte della polizia politica. Al Consolato Eritreo a Ginevra, gli eritrei scappati dal paese sono costretti a firmare un documento di autoaccusa come “traditore” in cui accetta di subire una punizione. La dichiarazione recita testualmente:

“I, whose name is written above, confirm that previously given personal information is true; and I regret having committed and offense by not completing the national service and I am ready to accept appropriate to punishment in due course”.

I ristoranti eritrei svolgono un ruolo di spionaggio e di propaganda politica. Uno di questi, a Napoli, a Vico Sergente Maggiore, nei “Quartieri Spagnoli”, era il Ristorante Mar Rosso di Mekonen Ghebremedhin, che oggi è rimasta solo come sede della comunità eritrea di Napoli, ed è il principale referente del regime per i circa 150 eritrei regolari che vivono nel capoluogo campano.

Mekonen Ghebremedhin arrivò lì nel 1976, quando in Eritrea si combatteva per l’indipendenza, e nel 1992 aprì il ristorante come punto di ritrovo dei connazionali. Nella foto in basso (quinta immagine) lo vediamo come relatore nel 2007 ad una dei convegni di propaganda del partito di Isaias Afewerki svolto nel Nord Italia.

Mekonen Ghebremedhin, responsabile della comunità eritrea di Napoli

Young PFDJ

I militanti dello Young PFDJ  sono la seconda generazione di eritrei nati dai genitori che hanno lasciato il paese durante la guerra d’indipendenza e che sono stati educati con i valori occidentali. Giovani benestanti che non conoscono una parola di tigrino: per loro l’Eritrea è solo un luogo per trascorrere le vacanze estive. Ma loro sono i più fanatici, i più pericolosi, spesso molto violenti. Lo Young PFDJ è parte della rete di spionaggio internazionale messa in piedi da Afewerki. Sono la manovalanza di questa rete.

L’organizzazione giovanile del PFDJ è molto attiva all’estero. È un movimento dinamico, che permette ai militanti di viaggiare in tutto il mondo, di organizzare eventi di propaganda come i festival eritrei estivi, tutto pagato dal regime con il “pizzo” del 2%. Il capo dell’organizzazione è Yemane Ghebreab (detto Monkey), uno dei uomini più fedeli di Afewerki all’estero.

Yemane Ghebreab, responsabile politico dello Young PFDJ

In certi aspetti, i militanti e i simpatizzanti del movimento hanno le stesse caratteristiche sociologiche dei fondamentalisti islamici nati in Occidente (entrambi fanatici religiosi o politici con la coca cola in mano e le t-shirt adidas); la differenza sta nel fatto che gli Young eritrei organizzano la loro conferenza annuale in qualche città europea e non fanno proselitismi e arruolamenti per la lotta armata.

Però fanno propaganda a favore del terrorismo di Stato in una patria di cui non conoscono e non riescono a comprendere le sofferenze. Le stesse provate da quegli eritrei che sbarcano sulle coste italiane. Per loro sono traditori di una sorta di patria virtuale, conosciuta solo in foto e nei video su youtube e su facebook. Lo Young PFDJ è la faccia bella, pulita, ricca e festaiola dell’Eritrea nel mondo, messi in posa dalla rivista di cultura, musica, e sport “Elem” con sede a Francoforte.

Copertina della rivista Elem


Gli interessi italiani in Eritrea e gli amici di Isaias Afewerki

L’Eritrea è un paese fondamentale per gli equilibri del Corno d’Africa e l’Italia ha ottimi rapporti diplomatici e commerciali con la sua ex colonia. Nel nostro Paese ci sono diverse personalità che mantengono rapporti solidi con il gruppo di Isaias Afewerki.

Il Raìs di Asmara è amico di tutti, da Rifondazione Comunista (che si è impegnata in passato nella raccolta dei fondi per l’Eritrea), all’ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che lo ospitò nella sua villa in Sardegna. Isaias Afewerki viene spesso in Italia in incognito per cure mediche, ma anche per piacere. La sua presenza è stata segnalata il 16 Maggio scorso al raduno degli alpini a Trieste.

Pier Gianni Prosperini, ex Assessore allo Sport della Regione Lombardia per Alleanza Nazionale durante la Giunta Formigoni, è il portavoce del governo eritreo in Italia con il titolo di colonello emerito dell’esercito di Asmara: rinnega tutte le accuse rivolte al regime. Lo stesso anche il rapporto ICE del 2004 sull’Eritrea, l’Istituto per il Commercio Estero, che non menzionò assolutamente sull’assenza dei diritti civili nel paese, consigliando a tutti gli imprenditori italiani ad investire in Eritrea.

A settembre, il governo italiano ha prestato ad Asmara 36 milioni di dollari per 380 nuovi camion, che secondo le autorità eritree serviranno per progetti di sviluppo. Anche negli anni’80 il Fai, Fondo Aiuti Italiani dell’ex sottosegretario Francesco Forte donò soldi e camion a dei paesi africani che poi finirono nelle mani dell’esercito nei vari conflitti locali.

L’Eritrea riesce a violare l’embargo delle armi imposto dall’Onu grazie alle importazioni civili di copertura. Le Officine Piccini di Perugia avrebbero legami diretti con Isaias Afewerki. Il Gruppo, azienda di costruzione di opere civili che impiega seimila dipendenti con varie filiali nel mondo, avrebbe venduto equipaggiamenti militari ad Asmara mascherati da macchinari per cantieri. L’amicizia diretta di Piccini con Afewerki è dovuta anche dal matrimonio di una delle figlie con un miliardario eritreo vicino allo Young PFDJ.

Per gli ispettori dell’ONU c’era in mezzo anche Gianluca Battistini: un uomo d’affari di Cesena che dal 2010 fa da intermediario con l’Eritrea attraverso alcune società italiane registrate come fornitori di macchine agricole. L’agricoltura sarebbe una copertura per importare materiale militare che viene poi assemblato nel Centro Industriale Militare di Asmara, il più grande del continente africano.

In Campania, l’uomo di Isaias Afewerki è Michele Fasulo, presidente della Banca di Credito Cooperativo del Garigliano e del Lions Club di Sessa Aurunca, in provincia di Caserta. Nel 2011 l’ambasciatore eritreo a Roma, Zemede Tekle, nominò Fasulo console onorario dell’Eritrea.

Michele Fasulo è stato il promotore del Consorzio Riviera Domizia realizzato da diversi imprenditori casertani. Nel 2008 Il Consorzio, tramite il suo presidente Luigi Mascolo, organizzò la visita di Isaias Afewerki alla sede dell’Oma Sud, un’industria areonautica di Capua, per presentargli il prototipo dello Skycar, un aereo che può svolgere diverse funzioni.

Secondo il direttore dell’Oma Sud, Giuseppe Moraca, Isaias Afewerki era interessato allo Skycar per utilizzarlo come avioambulanza e come collegamento con le isole eritree. Non sappiamo se poi l’affare è andato in porto o se lo Skycar è stato realmente utilizzato per scopi civili.

Michele Fasulo, console onorario dell’Eritrea

 

Quale futuro per l’Eritrea?

Il potere assoluto di Isaias Afewerki in Eritrea si concluderà quasi sicuramente con la morte naturale. Ma la sua scomparsa porterà comunque una lunga scia di violenza.

In una società totalmente militarizzata, il vuoto di potere potrebbe risolversi con il classico impiego delle armi, o una possibile guerra civile in cui sorgeranno varie fazioni in lotta, insieme a signori della guerra che porteranno ad una “balcanizzazione” del paese, simile a quella somala negli anni ’90.

Da un lato gli oppositori del regime, e dall’altro i fedeli successori di Afewerki. L’Etiopia e l’Italia svolgeranno un ruolo di ingerenza politica ed economica per tutelare quei grandi traffici illeciti che fanno dell’Eritrea una grande zona d’ombra dell’Africa. Con i mass media occidentali che continueranno a far finta di niente.

(di Dario Zumkeller)