Sciacallaggio e complottismo dei media occidentali su San Pietroburgo

L’attentato di San Pietroburgo, costato la vita, in un bilancio ancora provvisorio, a più di 10 persone ha scatenato, comprensibilmente, le più disparate reazioni, dai messaggi di solidarietà istituzionali, alle trite e ritrite analisi sull’islam, al complottismo dell’autoattentato. Ma è proprio qui che si arriva al massimo punto di degrado e delirio da TSO.

Intendiamoci, che il mondo, specie in rete, sia pieno di gente che grida al complotto è cosa normale e fisiologica, così come lo è la partigianeria nell’interpretazione di ogni evento. Si è arrivati però ad un punto che travalica senza ombra di dubbio i limiti del sopportabile, soprattutto quando a giungere a tale livello di squallore sono testate giornalistiche di grande rilevanza (quotidiani e tg nazionali, non proprio il blog di un fan di Adam Kadmon).

Non sono pochi infatti gli opinionisti o i satiri del villaggio che, nei vari salottini, hanno rilanciato l’insinuazione del “complotto putinista” come strategia della tensione per fermare “il popolo” che si stava ribellando contro “lo zar”. Sì il popolo, quello di Navalny, che, sempre secondo questi soggetti, sarebbe il principale oppositore di Putin. Un’affermazione ridicola, difficilmente superabile come disonestà intellettuale, qualcuno poteva pensare. Evidentemente però le taglienti penne occidentali ne avevano in serbo una quantità tale da partorire buffonate come la tesi del complotto; tesi che, probabilmente, anche a loro sembra patetico sostenere con fermezza.

Come risolvere allora se non paventando l’ipotesi che “sì, magari non è un complotto, ma Putin di certo ci guadagna”? Su questa riga ad esempio il caso più clamoroso ovvero il disgustoso titolo del Fatto Quotidiano, testata diretta da Marco Travaglio, che in prima pagina, in una giornata in cui, ricordiamolo ancora una volta, muoiono più di 10 persone, pensa all’attentato come ad una sorta di assist jihadista al presidente russo e titola: “Il terrore islamico dà una mano a Putin”.

Appare francamente difficile definire questa uscita con altre parole se non quelle di disgusto e di imbarazzo per un sistema mediatico che, nella sua propaganda antirussa, è arrivato non solo ad argomentazioni patetiche ma ad un livello di sciacallaggio francamente incommentabile. È questo il rispetto mostrato ai morti da parte dei mastini di quella che qualcuno aveva definito “la beneducata famiglia della democrazia”. Non era beneducata per nulla, ma vile, moralista ed immorale allo stesso tempo, goffa nel suo tentativo di descrivere come antidemocratico e tirannico chiunque non la pensi come “il verbo” impone, al punto da attaccarlo, come con Putin, anche quando il suo popolo perde sangue.

(di Simone De Rosa)