Antimafia e ipocrisia politica: lo sfogo di un cittadino napoletano

Pubblichiamo di seguito lo sfogo di un cittadino napoletano che ha assistito in prima persona alla marcia anti-camorra che si è svolta a Ponticelli (NA) lo scorso 21 marzo.  Una manifestazione che doveva essere per tutti e di tutti, ma che invece si è trasformata in una grottesca kermesse della sinistra antagonista e antifascista.

Gentile redazione,

Vi invio un pensiero mio che vorrei diffondere. Mi chiamo Dario, ma non mi interessa la firma. Per quanto mi riguarda può essere firmato da uno di voi, pseudonimato, postato come redazionale. Consideratelo come lo sfogo di un disgraziato che non ce la fa più, uno che se gli incidete la carne fuoriesce il veleno. Vorrei solo condividere ciò che penso con quelli “dalla mia parte”.
Grazie

Un fiume di quasi 50mila persone si è riversato oggi nel quartiere di Ponticelli, immerso nella periferia abbandonata di Napoli. Una località degradata, che al sottoscritto comunica grigiore e ostilità ogni volta che si reca per il lavoro di giornalista. E’ la frontiera che ha visto nascere il fenomeno delle “stese”, cioè la moda camorristica del momento di sparare a tappeto, senza nessuna ragione precisa se non quella di intimorire e “far vedere chi comanda”, un quartiere che nonostante gli oltre 60 arresti del clan D’Amico e l’omicidio della sua donna-boss, uccisa come un vero capo cosca – anche alla malavita è cara la parità di genere evidentemente – continua ad essere sotto scacco della criminalità organizzata.

Una situazione dal carattere marcatamente emotivo, manifestazioni del genere sono fortemente sentite, prova è l’affluenza record che ha raddoppiato in termini di presenza persino la manifestazione principale a Locri, in Calabria, che ha contato circa 25mila persone. In occasioni del genere la prassi dovrebbe essere quella dell’inclusività, l’abbandono di fazioni politiche e di sigle in favore di una battaglia che dovrebbe coinvolgere tutti. E invece abbiamo assistito a uno dei più grossi imprinting ideologici che mai avevo visto nei miei 32 anni di uomo nato e cresciuto a Napoli da parte di una sinistra partenopea agonizzante, che è al contempo antagonista e istituzionale.

Il multicolore per le strade di Partenope lo fa la spazzatura e il sangue versato, oggi abbiamo musica, allegria e motivi arcobaleno. Quest’ultimo mi starebbe anche bene se fosse inteso per quel che è, cioè la definizione marcata e nettamente divisa delle differenze – i colori – quando essi sono scissi dall’elemento che viene fuori dalla loro mescolanza – la luce. Abbiamo il tono – mono tono – degli strilloni da slogan, coloro che a inizio settimana vanno a sedersi nei consigli comunali mentre i loro amici, la domenica, partecipano alle sassaiole contro la polizia. Frasi urlate al megafono interrotte dai soliti 99 Posse, Daniele Silvestri, Modena City Ramblers (questi ultimi piacciono persino a me, figuratevi) e altri. Abbiamo l’elenco delle vittime, il ricordo di grandi personaggi come Falcone, Borsellino, Impastato, gente che ha dato la vita per una lotta sacrosanta, ma guai a fare il nome di colui che è stato davvero sul punto di debellare il fenomeno che dicono di contrastare, Cesare Mori.

Abbiamo lo stesso comparto ideologico che difende coloro i quali, alla fine della Seconda Guerra Mondiale, si sono serviti delle mafie per agevolare la penetrazione nel nostro territorio delle forze atlantiste, persone che predicano la legalizzazione della droga per togliere potere alle mafie, ma, nel frattempo, è proprio da loro che la comprano. Abbiamo un sindaco (la “s” minuscola è voluta), che prima dichiara di non schierarsi dalla parte dei violenti che, recentemente, hanno devastato un quartiere di Napoli durante la scorsa visita di Salvini, dopodiché rifiuta di aderire all’encomio agli agenti rimasti feriti durante la suddetta manifestazione, rifiutando persino di costituirsi parte civile contro i 6 teppisti fermati (e rilasciati subito per direttissima) – scontri a cui ho assistito in prima linea, da reporter, osservando una polizia che è stata fin troppo cauta nel reprimere, limitandosi ad avanzare con l’ausilio dell’idrante, quando avrebbero avuto tutto il diritto di caricare.

Oggi, tali personaggi che camorristicamente consideravano lecito impedire ad un politico di incontrare il suo elettorato in una sala regolarmente prenotata, hanno manifestato contro le mafie. Non stupisce che appena arrivato davanti al palco mi trovo la voce “imponente” e redarguente di Caparezza che inveisce contro “gli uomini-boia con la divisa che ammazzate di percosse i detenuti – con gli anfibi sulle facce disarmate”, roba da querela sparata a tutto volume verso madri, bambini, persone che semplicemente vorrebbero dire la loro contro chi parla con i proiettili. C’è una sola parola per definire i personaggi che hanno usato una manifestazione sacrosanta per il loro imprinting ideologico, ed è “attori”, ma inteso come lo intendevano i Greci: Hypocrites.