Elmetti bianchi, terroristi da Oscar
Il cortometraggio di propaganda politica che elogia i cosiddetti White Helmets, “gruppi di soccorso” considerati come i nuovi eroi e i nuovi salvatori dall’Occidente democratico, ha vinto l’Oscar la scorsa notte come miglior documentario. Prevedibile, in fondo dopo il blocco dell’immigrazione da 7 Paesi islamici attuato da Donald Trump che ha impedito al direttore della fotografia di tale “documentario”, il 21enne siriano Khaled Khateeb, di partecipare alla cerimonia dell’Academy, le probabilità erano addirittura aumentate.
Da stamattina, milioni di americani ed europei possono continuare a confondere la verità con i film, poiché nonostante l’organizzazione in questione venga considerata neutrale nel conflitto siriano sia dai suoi portavoce che da Amnesty International e sia apparsa in molta della narrativa romanzata del mainstream, pochi giornalisti, analisti di geopolitica e politica internazionale hanno voluto dare un’occhiata alla sua attività in maniera più approfondita.
Eppure sarebbe bastato intervistare un qualsiasi ex residente di Aleppo Est per scoprire che nessuno di questi riconosce i “White Helmets” quale legittima Protezione Civile siriana, come viene vergognosamente spacciata nonostante sia stata fondata da James Le Mesurier, ex agente NATO esperto di ONG e “rivoluzioni colorate”. Chiunque – e sottolineo, chiunque -, alla domanda in merito a chi fossero, è rimasto completamente estraniato, rispondendo che si trattassero solamente di miliziani qaedisti legati a Jabhat al-Nusra aventi lo scopo di fare apparire la stessa, agli occhi dell’Occidente, caritatevole, premurosa e amorevole nei confronti dei civili precedentemente usati come scudi umani tramite appositi filmati di propaganda confezionati dall’Aleppo Media Center, lo stesso che ci bombardò per giorni su quanto fosse “cattivo” Bashar al-Assad strumentalizzando Omran, il bimbo di 5 anni truccato ed impolverato a dovere per farlo apparire una presunta vittima di un raid aereo russo-siriano.
Vanessa Beeley, giornalista indipendente e collaboratrice di RT, nei suoi reportage conferma le testimonianze dei siriani residenti nei territori in cui questi pseudo-soccorritori operano, dichiarando come questi ultimi molto spesso siano stati visti fornire cure mediche ai miliziani legati alle fazioni takfire e ai filo-turchi di Nur al-Din Zanki – tristemente famosi per aver decapitato, nell’estate del 2016 ad Aleppo, il dodicenne palestinese, Abdullah Issa, perché spacciato come membro della brigata al-Quds, quindi sostenitore di Bashar al-Assad – e, soprattutto, supporto logistico e militare, partecipando attivamente alle esecuzioni di patrioti siriani, civili e minoranze religiose e all’avvelenamento dell’acquedotto di Damasco. A confermarlo sono le immagini, facilmente consultabili e reperibili sul web, in cui, con i Kalashnikov puntati in alto e bandiere di al-Qaeda in quantità, esultano e urlano come scimmie poco ammaestrate.
Un residente di Aleppo Est intervistato da Eva Barlett, altra ottima giornalista indipendente ed occasionalmente negli studi televisivi di RT, ha dichiarato addirittura come sua figlia fosse stata uccisa intenzionalmente dagli White Helmets con una iniezione letale Basterebbero questi immondi crimini a far crollare tutto il castello di sabbia di propaganda e falsità che si è costruito attorno a loro, ma noi vogliamo strafare; uno dei più imbarazzanti scandali riguardanti il “lavoro” dei White Helmets in Siria è stato sicuramente il “Mannequin Challenge Video”, diffuso da RT e divenuto popolarissimo su Youtube e sul web nel giro di pochissime settimane.
Qui, i noti “soccorritori” si rendono protagonisti di un finto salvataggio a favore di telecamera salvo poi andarsene una volta “girato lo spot” e posare in un selfie dietro le quinte con l’attore che interpreta il civile salvato dalle finte macerie. Chissà se il vergognoso documentario a loro dedicato mostrerà tutto questo, noi siamo convinti di no, indi per cui ieri a Los Angeles abbiamo assistito solamente a sporche veline al jihadismo internazionale. Indubbiamente la più grande vergogna dall’inizio dell’anno.
(di Davide Pellegrino)