L’alleanza imperialista in nome dell’egemonia statunitense e israeliana

Analisi di Bouthaina Shaaban, consigliere politico del Presidente siriano Bashar Al-Assad.

Un documento recentemente rilasciato, preparato dalla CIA nel 1983 e reso pubblico il 20 gennaio 2017, è la prova del fatto che ai tempi gli Stati Uniti incoraggiarono Saddam Hussein ad attaccare la Siria, il che avrebbe naturalmente condotto a un sanguinoso conflitto delle due parti che avrebbe prosciugato le risorse da entrambi i lati.

Il documento, preparato dall’ai tempi ufficiale della CIA Graham Fuller, indica i persistenti tentativi da parte dei servizi segreti statunitensi di convincere Saddam ad attaccare la Siria con qualunque pretesto, in modo da manovrare i due più potenti stati del mondo arabo alla distruzione reciproca, distogliendo quindi la loro attenzione dalla situazione israeliano-palestinese.

Dal momento che Saddam era già impegnato in un violento scontro con l’Iran, era necessario che fosse incentivato e incoraggiato dagli stati satellite americani nella regione, come l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, che si offrirono di finanziare il potenziale conflitto in modo da sferrare un colpo micidiale alla crescente influenza siriana sul territorio.

Dunque, gli Stati Uniti misero la più moderna tecnologia bellica a disposizione di Saddam al fine di accerchiare la Siria con un’ulteriore potenza ostile oltre a Turchia, Giordania e Israele. Secondo il documento rilasciato, gli Stati Uniti speravano da tale strategia che la pressione su più fronti costringesse la Siria a fare concessioni nel braccio di ferro con Israele. Da questa nuova relazione declassificata emerge l’importanza che gli Stati Uniti attribuivano a un eventuale coinvolgimento di Saddam, in quanto una presa di posizione dell’Iraq nella direzione auspicata dalla CIA avrebbe spezzato le fila nel quadro del mondo arabo e avrebbe fatto da schermo agli interessi israeliani e americani perseguiti sul territorio.

Per questi motivi, gli Stati Uniti si applicarono al fine di costruire un consenso trasversale nei propri stati satellite nel mondo arabo circa un possibile intervento di Saddam. Israele era favorevole all’idea di innescare tensioni ai confini tra la Siria e i vicini dell’Iraq, del Libano, della Turchia e della Giordania, perché il governo israeliano considerava la Siria, e non l’Iraq, la minaccia maggiore.

Tre decenni prima, un’alleanza coloniale si era formata durante la Guerra Fredda, il cosiddetto Patto di Baghdad, che includeva la Turchia, l’Iran dello Shah e l’Iraq sotto controllo britannico, ovviamente con il beneplacito degli Stati del Golfo. Lo scopo dell’alleanza era la formazione di un argine contro Jamal Abdul Nasser, e aveva l’obiettivo di costituire una diga che arrestasse l’onda crescente del nazionalismo arabo, contrastando contemporaneamente il sostegno egiziano ai movimenti di liberazione in Asia e in Africa. Ma la rivoluzione del 1958 in Iraq infranse l’alleanza, cambiamento seguito inoltre dalla coalizione di Egitto e Siria nella Repubblica Araba Unita, di cui l’Iraq aveva intenzione di entrare a fare parte, evento che non ebbe però luogo.

In questo contesto, va rimarcata l’intensa ostilità della Turchia nei confronti del nazionalismo arabo, specialmente per quanto riguarda la Siria e la Libia, tendenza che permane immutata ai giorni nostri, in quanto la Turchia non ha mai perdonato il ruolo arabo nel crollo dell’Impero Ottomano, e non ha mai accettato la perdita delle proprie colonie arabe. Un’analisi storica approfondita consente inoltre di rendersi conto dell’incompetenza degli Stati del Golfo in materia geopolitica, nonché l’approccio superficiale a tali eventi.  Gli Stati nel Golfo erano realmente e solidamente alleati con Israele, alleanza agli inizi occultata, ma ai nostri giorni ormai sotto gli occhi di tutti.

Una sovrapposizione storica del passato con gli eventi contemporanei consente di rimarcare una dinamica ben delineata. Oggi, la Turchia, il Qatar e l’Arabia Saudita si schierano ancora una volta con gli Stati Uniti e Israele in un’alleanza il cui scopo è la continuazione della guerra che da sei anni devasta la Siria, la Libia, l’Egitto, il Libano, lo Yemen, l’Iraq e le Nazioni Arabe, con l’obiettivo di distruggerne irrevocabilmente le infrastrutture, economie, eserciti, istituzioni, eredità storica e identità culturale.

Sotto la pressione americana, i leader arabi partecipano in segreto o mantengono una pigra neutralità nel conflitto deflagrato in seguito alla Primavera Araba. La Turchia ottomana di Erdogan sta cementando una stretta alleanza con l’Arabia Saudita e gli Stati del Golfo, con la benedizione israeliana e americana, al fine di prolungare la guerra contro la Siria con la scusa di isolare e indebolire l’Iraq.  Ma il vero obiettivo americano e israeliano è la distruzione del mondo arabo, inclusi i membri che marciano nelle fila americane e finanziano le guerre americane.
Si può concludere rimarcando la continuità degli strumenti usati contro il mondo arabo fin dagli anni

50. Questi strumenti sono rappresentati dalle nazioni arabe fedeli all’America e a Israele, fedeltà pubblica o segreta a seconda dei casi, e ad ogni congiuntura storica, nuovi schemi vengono architettati al fine di distruggere la civilizzazione araba e prosciugare le risorse arabe, con lo scopo di fiaccare sia la resistenza sia i collaboratori. Nonostante la reazione araba al Patto di Baghdad sia stata in realtà positiva, e abbia condotto a un avvicinamento tra Egitto e Siria, i giusti meccanismi non sono mai stati avviati al fine di perseguire l’efficacia e la continuità di tale unione.

Il mondo arabo ha perso tempo, in quanto ha patito negli ultimi 70 anni le ripercussioni dell’alleanza delle forze reazionarie con i nemici della Nazione, forze che hanno cospirato con il blocco imperialista, ne hanno ospitato le basi militari e finanziato le guerre economiche contro gli arabi. Nonostante questo, nessun movimento arabo trasversale in alternativa all’asse reazionaria turco-sionista ha mai potuto affermarsi. Quanti altri esempi saranno necessari affinché ci si renda conto del fatto che l’Occidente e Israele implementano i propri piani attraverso pedine quali i Fratelli Musulmani e le cosiddette opposizioni?

Quello di cui abbiamo bisogno è la formazione di un’alleanza su presupposti solidi e meccanismi moderni, cosa che, va ammesso, dobbiamo imparare anche dai nostri nemici. Oggi, Erdogan, Israele e gli Stati Uniti sperperano denaro saudita per finanziare guerre terroriste contro Siria, Iraq, Yemen ed Egitto, nella stessa maniera in cui l’Occidente e i suoi alleati incoraggiarono Saddam al conflitto aperto con l’Iran, in quello che fu definito il “doppio contenimento” con l’obiettivo di indebolire sia Iraq che Iran.

Il risultato finale, in ogni caso, è stato lo smembramento e distruzione dell’Iraq, mentre nel contempo l’Iran diveniva una potenza nucleare. Gli arabi, nel frattempo, devono stringere le fila fianco a fianco e prepararsi a una lunga guerra, le cui ripercussioni potrebbero non essere evidenti che trascorsi altri tre decenni o più.

(21stCenturyWire – Traduzione a cura di Maria Teresa Marino)