Viziati, fannulloni, ignoranti: ecco i rivoltosi anti-tornelli

Dobbiamo riconoscerlo: questa settimana scegliere la “semicoltata” è stato duro. Le peripezie di Michela Murgia contro Fusaro, la Meloni e la Argento che litigano a suon di dispetti social, Crozza che si lamenta dello stipendio di Salvini non devoluto ai terremotati quando il suo è a sei zeri nella peggiore delle ipotesi.

Ma poi è arrivato il vincitore assoluto. Anzi, i vincitori: protagonisti non potevano che essere i “giovani”, anime pie colme di genuino spirito rivoluzionario democratico, dirittocivilista e, da qualche settimana, anche anti-tornello, il tipico e notorio strumento fascista di controllo delle strutture, qualsiasi esse siano. Eredi indegni del Sessantotto, ha scritto qualcuno. Ulteriore evoluzione di quell’epoca di nullità cosmica, direi io.

Era un giorno di gennaio quando l’Università di Bologna decise di mutare le proprie regole di ingresso fisico alla biblioteca dell’ateneo: una porta girevole, un badge da studente per aprire. Qualche giornale aveva scritto “si entra come in banca”.

La ragione del provvedimento era stata spiegata ampiamente dai responsabili: “Una misura di sicurezza contro lo spaccio e per evitare che entri chi si andava a drogare nei bagni, soprattutto alla sera”. Come a dire, il punto a cui siamo arrivati è insostenibile, dobbiamo salvaguardare la sanità della struttura e di chi vi studia. Nella biblioteca entrava infatti chiunque, lo hanno riferito diversi studenti testimoni nelle vox populi televisive: spacciatori, studenti drogati, perfino barboni.

Dopo il provvedimento, la cosa più scontata che potevamo aspettarci erano le proteste. Si protesta sempre, ovunque, per qualsiasi sciocchezza o cambiamento, anche lieve, apportato a qualsiasi cosa, specialmente se tocca il proprio comodo, e ancor più specialmente se il proprio comodo è marcio, trovando magari pure la faccia tosta di atteggiarsi a puri. Si fa sempre la voce grossa, credendosi dei novelli Robespierre, Lenin, Che Guevara o chi vi pare.

L’importante è che sia un rivoluzionario “de sinistra”, perché loro sono di sinistra, loro lottano per le cose serie e per i diritti degli umili, mica pizza e fichi. Umili da svariati migliaia di euro l’anno di retta in uno degli atenei più prestigiosi d’Italia, ma non fa nulla. In questo, sorge uno strambo parallelismo tra Crozza (milionario che fa i conti in tasca agli altri milionari) e gli impavidi rivoltosi. Ma andiamo avanti.

I signorini (per citare Franco Ferrarotti che così aveva definito i “rivoluzionari” del 1968) sfasciano tutto: tornelli, ingressi, occupano la biblioteca. Il personale all’interno è atterrito, ma quando non si possiede il monopolio della verità, della ragione e della giustizia come una certa categoria sociale che ormai da decenni se ne è appropriata, capita anche questo e bisogna rassegnarsi. Zitti e mosca. Comunque, grazie all’intervento degli agenti, la libreria stessa viene sgomberata dai rivoluzionari con scarpe griffate Prada. Ciò che ne resta è abbastanza inequivocabile.

Ma del resto quando si parla a vanvera di “luogo di tutti” la distruzione è la minima conseguenza che ci si può attendere. Eppoi diciamocelo pure, se non si sfascia qualcosa in questo mondo di coraggiosi giovanotti, non si è nessuno. Non lo si è se non si è protagonisti delle ennesime cariche contro la polizia, dove magari, dopo averlo cercato con ogni energia possibile, ci si potrà lamentare pure se ci scappa il morto.

Uno spettacolo pietoso. L’indegnità del Sessantotto, diffusa tra i commenti social che, bontà loro, non guardavano di buon occhio la protesta, è la prima leggenda. Le rivolte di queste settimane sono al contrario frutto degnissimo di quella cultura di assoluta de-responsabilizzazione, di distruzione di qualsiasi valore esistente, sociale o morale che sia.

Una tradizione che ha generato giovani impertinenti, arroganti, viziati, contrari a qualsiasi forma di disciplina e di responsabilità. Come se non bastasse, essi vengono pure condannati “con riserva” dalla maggior parte delle voci pubbliche, tanto di popolo che delle autorità competenti.

Un velo di giustificazionismo permea l’aria circostante. Certamente i sedicenti studenti antagonisti, rivoluzionari e perché no, anche antifascisti (che, come il sale, sta bene su tutto) hanno ricevuto anche delle critiche: ma si passa pur sempre da “siete indegni del Sessantotto” a un “almeno noi protestavamo per cose serie”. Affiancate, le dichiarazioni del procuratore Giuseppe Amato: “Ragazzi che in buona fede non si rendono conto di sacrificare gli anni migliori della loro vita, che dovrebbero essere dedicati a costruirsi un futuro, venendo coinvolti in condotte violente di cui altri sono gli ispiratori e loro inconsapevoli burattini”, dice.

Non c’è nessuna dignità, nel Sessantotto come in questi personaggi, nati dai genitori cresciuti in quell’epoca e dalla fallimentare pedagogia che ne è derivata. Non c’è nessuna buona fede, come il tristissimo Amato è quasi costretto a dire. Non c’è alcuna buona intenzione nel voler fare i porci comodi propri. Non c’è buona fede nel non voler accettare nessun tipo di regola o disciplina.

C’è solo il rigurgito di chi è stato abituato ad avere sempre tutto ciò che desidera. Non solo nello studio, ma nella vita, nel benessere, nel tralasciare ogni tipo di responsabilità e di senso della civiltà.

La verità è che su questa gente ci sono troppe dichiarazioni filtrate. “Hanno ragione ma stanno sbagliando nei modi”, “Sì è sbagliato però pure l’Università…”

Le retoriche dell’università “libera” le lascio a coloro che amano più le parole che i fatti. E non dubito che in questo mondo siano tanti. Una struttura ha il dovere di essere tutelata, e se i tornelli servono a garantire la tranquillità anche psicologica di chi vi lavora e di chi vi va per studiare, ben vengano. Con buona pace dei rivoltosi.

Occorre fare tabula rasa di queste incertezze e dire le cose come stanno, senza nessun filtro o ammorbidente: questi ragazzi sono dei criminali e degli animali incivili. Non c’è un altro modo per definirli.

E non si risponda con il solito dogma del semicolto medio “non puoi generalizzare”. Generalizzo eccome, la loro è una generazione superba, spocchiosa e ignorante come poche altre venute nella storia, sebbene alfabetizzata – forse – di più. Lo ha dimostrato nei risultati scolastici, nella professionalità lavorativa, nella scarsità media delle classi dirigenti che ha prodotto in 50 anni. Gentaglia che pretende poi di dare lezioni alle mamme e ai papà su come comportarsi, mentre nel frattempo sta distruggendo ogni tessuto sociale, genitore dopo genitore e figlio dopo figlio.

Il fallimento di un modello educativo che qualcuno ha ancora il coraggio di difendere e perpetrare. Ma i fatti parlano, le urla e le distruzioni no. È molto probabile che gli studentelli vestiti di tutto punto dovranno capitolare. Sarebbe veramente clamoroso il contrario, e semmai sarebbe, per la società libertina nata nella seconda metà del XX secolo, l’ennesima umiliazione.

Il peso di tale fallimento, di tale inciviltà e maleducazione, grava sulla coscienza del pensiero cosiddetto “libero” : un macigno che ha generato una gioventù che non ammette altro giudizio se non il proprio, altra comodità se non la propria.

Un insieme di individui a cui è stato conferito in decenni un potere spropositato, morale oltre che pratico, capace di contestare lo strumento che più dovrebbe servire, ovvero l’adulto che insegna e stabilisce le regole. Talmente spropositato che perfino nella critica qualcuno tira un po’ indietro la mano, manco si stesse parlando dell’infallibilità dello Spirito Santo di matrice cattolica.

I ragazzi in “buona fede” sono una marmaglia cresciuta a pane e Dirty Dancing o peggio ancora L’ attimo fuggente che crede non esistano ruoli ad essa superiori perché hanno semplicemente lo scopo di esserlo: genitori, insegnanti, strutture universitarie e scolastiche. Il pensiero che un domani possano diventare a loro volta padri e madri fa semplicemente rabbrividire.

È tempo di iniziare un’inversione di tendenza. Magari puntando su altri studenti che si sono dissociati da questi criminali fighetti viziati con il fare da rivoluzionario facile. A loro, un dovuto  ringraziamento.

Ammettiamo una volta per tutte che quasi tutto ciò che è stato prodotto negli ultimi 50 anni in ambito pedagogico si è dimostrato nettamente inferiore al sistema che l’ha preceduto. Negarlo, ormai, è solo questione di fede.

(di Stelio Fergola)