Cesare Sacchetti: “Vi racconto la fine dell’euro”

Cesare Sacchetti è una delle poche voci fuori dal coro del giornalismo italiano, apertamente schierato contro l’euro e l’Unione Europea, si occupa del ruolo dello Stato nell’economia e del contrasto tra il modello economico presente nei Trattati Europei e quello presente in Costituzione. Ringraziamo Cesare per la gentile intervista che ci ha concesso, offrendoci interessanti spunti sui temi attualissimi dell’eurozona e dei possibili risvolti di una sua disgregazione, che sembra, oggi più che mai, inevitabile.

1) Recentemente Angela Merkel ha parlato di un’Europa a “due velocità”; è possibile creare due eurozone, una “forte”, e una “debole”? Potrebbe essere un modo per salvare la moneta unica o si amplierebbero le divergenze fra le economie europee?

Francamente non credo molto a questa possibilità. La proposta di creare un euro del Nord e un euro del Sud è stata avanzata anche dall’economista Joseph Stiglitz nel suo ultimo libro, ma non solo mi sembra scarsamente probabile che gli stati dell’eurozona si mettano d’accordo per costruire due unioni monetarie separate, ma questa soluzione non risolverebbe i problemi strutturali dell’economia italiana dovuti dalla sua partecipazione all’euro.

Credo che in questo modo la Germania stia preparando il terreno per una sua eventuale uscita di fronte all’impossibilità di raggiungere un accordo su una proposta che scontenterebbe tutti.

2) Fra poco più di due mesi si svolgeranno le elezioni francesi e Marine Le Pen, in caso di vittoria, ha già affermato di voler recuperare la sovranità monetaria. Ci sarà ancora un terrorismo mediatico in stile Brexit e Elezioni Americane o i toni si stanno attenuando? E inoltre, ci vorranno anni per ritornare a un possibile Franco?

Se penso all’ultimo articolo de The Guardian che titolava “Non ci sarà un Presidente Le Pen”, la risposta è affermativa. I media non sembrano aver imparato la lezione della Brexit e dell’elezione di Trump e continuano a riportare sondaggi che attribuiscono un ampio margine di vittoria al secondo turno al candidato di On Marche, Emmanuel Macron. Ricordiamo tutti i sondaggi che pronosticavano una facile vittoria del remain e la vittoria di 12 punti della Clinton su Trump ( il famigerato sondaggio del Washington Post).

Un ritorno al franco dopo una eventuale vittoria di Marine Le Pen, credo sia una questione di mesi. Di recente la leader del FN ha dichiarato che appena eletta Presidente convocherebbe un summit dei vertici dell’UE per iniziare le negoziazioni per smantellare l’eurozona.

3) A livello politico, potrà avere successo un fronte sovranista anche in Italia o faremo da spettatori alle decisioni che prenderanno gli altri Paesi, Francia e Germania su tutti? Il M5S ha dimostrato di avere posizioni ambigue e spesso contraddittorie sul tema dell’euro, stanno bluffando per mantenere lo status quo o è ancora possibile una virata decisiva seguendo le posizioni della Lega di Salvini?

Su questo punto purtroppo noi arriviamo impreparati perché in ritardo nella costruzione di un partito sovranista nazionale che sappia gestire l’uscita dalla moneta unica e dall’Unione Europea. Con ogni probabilità il processo di disgregazione verrà iniziato da altri, penso all’Olanda – dove le elezioni si terranno tra poco più di un mese e il partito della Libertà di Wilders parte favorito – e alla Francia dove il ballottaggio si terrà il 7 maggio.

La Germania ha già pronto un suo piano di uscita, come rivelato da Prodi, e in questo senso vanno anche le ultime dichiarazioni del consigliere economico della Merkel, Roland Berger, che ha parlato esplicitamente di un necessario sacrificio della moneta unica. Il M5S non ha una posizione chiara su questo tema e su molti altri, perché da un lato cerca di accontentare quella porzione di elettorato sovranista che gli resta, e dall’altro vuole essere accreditato come partito di governo dall’UE come ha chiaramente cercato di fare provando a entrare nel gruppo del Parlamento Europeo di Verhofstadt, uno dei più convinti sostenitori della costruzione degli Stati Uniti d’Europa.

La Lega ha margini di crescita su questo se porta a compimento la trasformazione iniziata da Salvini 3 anni fa, ma per farlo deve passare dalla dimensione di partito regionale a quella di partito nazionale.

4) Il Target2 è l’ultimo spauracchio tirato fuori da Mario Draghi, è un’ipotesi concreta quella della compensazione dei saldi, e quindi per l’Italia di sborsare oltre 350 miliardi di euro in caso di scioglimento dell’eurozona, o se ne farà un nulla di fatto?

Sui Target2 ho scritto proprio di recente un articolo dove ho cercato di spiegare in termini semplici uno dei meccanismi più bizantini dell’eurozona. La tesi di alcuni economisti tedeschi, Sinn in particolare, è quella che essi rappresentino un finanziamento occulto delle banche tedesche a beneficio di quelle italiane. In realtà la Banca d’Italia ha già detto che non sono “l’erogazione di un finanziamento diretto e non rappresentano un’obbligazione bilaterale tra due paesi ma sono detenuti dalle Banche Centrali Nazionali nei confronti della BCE .”

L’economista irlandese Karl Whelan ha spiegato chiaramente che non possono essere considerati nemmeno prestiti della Bce verso la Banca d’Italia, perché I prestiti richiedono l’emissione di garanzie (collaterali), hanno una data di scadenza e comportano la riduzione degli asset delle banche che li emettono, mentre qui non c’è stato nulla di tutto questo. Inoltre le basi giuridiche per chiederne la restituzione sono nulle, quindi si tratta di un ennesimo spauracchio alimentato dai media per seminare terrorismo sui costi di un’eventuale uscita dall’euro dell’Italia.

5) Svalutazione, inflazione, debito pubblico, sono tutti non-problemi che affronterà l’Italia in seguito all’abbandono dell’euro. Quale potrebbe essere un problema reale che dovremo fronteggiare con la nostra nuova moneta?

Il rischio è di non avere un piano chiaro una volta riconquistata la sovranità monetaria. Il ritorno alla lira può essere una grande opportunità se gestito per rilanciare l’economia italiana e iniziare un processo di reindustrializzazione. Certo, potremo andare incontro a delle eventuali fughe di capitali, e dovremo ripristinare su di questi uno stretto controllo. I benefici superano i rischi, a patto che ,come detto, ci si muova per cambiare radicalmente modello economico. Non più un astensionismo dello Stato nell’economia, ma un suo intervento per tutelare al meglio gli interessi economici nazionali. Penso in questo senso alla necessità di ricostruire l’IRI e di avviare massicci investimenti pubblici, specialmente nel Mezzogiorno.

6) L’esperienza fallimentare della moneta unica porterà a una riaffermazione del ruolo degli Stati nazionali e a collaborazioni bilaterali fra Stati, o è inevitabilmente necessaria per i Paesi Europei la creazione degli Stati Uniti d’Europa?

Una volta innestata la retromarcia dalle organizzazioni sovranazionali verso gli stati nazionali, credo che sia altamente probabile un loro ritorno. L’ipotesi degli Stati Uniti d’Europa è impensabile, se si considera il fatto che l’UE a 27 non è stata in grado di mettersi d’accordo su questioni molto meno complicate. Il bilateralismo sta già tornando il modo per affrontare i rapporti tra gli stati, ed è stato Trump a dare il via al ritorno degli stati nazionali.

Nell’ipotesi di una frattura dell’UE, credo che passi molto tempo prima che gli stati europei tornino a parlare di forme di cooperazione comune considerata l’esperienza fallimentare dell’Unione. Una forma di compromesso potrebbe essere quella di tornare alla CEE, ma questo dipenderà molto dai capi di Stato e di governo che si troveranno a gestire questa fase storica.

7) Un problema più generale, non solo europeo, sono i risultati causati dalla logica liberista degli ultimi decenni, ovvero stagnazione dei salari, meno tutele per i lavoratori, con la conseguenza della concentrazione della ricchezza mondiale nelle mani di sempre meno pochi eletti. In che modo si potrà mettere in atto una redistribuzione della ricchezza a livello mondiale? Con Trump (che ha già bloccato il “TTP”) e una sempre più vicina dissoluzione dell’eurozona, ma anche dell’UE, siamo davvero nel bel mezzo di un cambiamento storico, della fine della globalizzazione?

Credo di sì, la Presidenza Trump ha messo in moto un meccanismo irreversibile che sembra puntare dritto alla fine della globalizzazione. Non va dimenticato che dagli anni’90 in poi gli USA sono stati decisivi nell’accelerare questo processo, appoggiando la nascita dell’Organizzazione Mondiale del Commercio e firmando il trattato di libero scambio con Canada e Messico, noto come NAFTA. In questo modo si sono fatti gli interessi delle grandi multinazionali americane che hanno spostato la produzione industriale dagli Stati Uniti al Messico e alla Cina, dove le tutele del lavoro sono basse o pressoché inesistenti.

Questo ha provocato una concentrazione di ricchezza senza precedenti nelle mani di pochi come ha rivelato un recente sondaggio Oxfam, secondo il quale 8 uomini nel mondo possiedono da soli 426 miliardi di dollari, la stessa ricchezza della metà più povera del pianeta, ovvero 3,6 miliardi di persone. E’ ovvio che questo modello economico non può funzionare ed è diventato insostenibile.

Per avviare il processo inverso è necessario mettere un freno alle importazioni dai paesi a basso costo del lavoro e puntare ad aumentare i salari per stimolare la crescita della domanda interna. Il principio del liberoscambismo e dell’ideologia neoliberista è stato rimesso in discussione persino dalla premier britannica May, che ha parlato della necessità di un ritorno dello Stato nell’economia.

8) Se fosse a capo del Governo oggi, le prime tre cose che farebbe?

Uscita dall’euro, controllo del governo della banca centrale e fondazione della nuova IRI. Come detto, la sovranità monetaria è solo il primo passo per recuperare il terreno perduto in questi anni con l’adesione all’euro. Occorre ricostruire i fondamentali che negli anni sono stati smantellati dai vari padri dell’Europa unita, a partire dal catastrofico divorzio tra Bankitalia e Tesoro del 1981 che fece schizzare i tassi di interesse alle stelle e portò il debito pubblico a oltre il 100% sul PIL in pochi anni.

La reindustrializzazione passa dalla necessità di un piano pubblico che ricostruisca l’industria di Stato e le eccellenze che negli anni sono andate perdute per la permanenza dentro la moneta unica, e per le scellerate privatizzazioni fatte in modo particolare dai governi di centrosinistra degli anni’90.

(di Luca Bontempi)