Il declino della pallacanestro italiana

 

Lunedì 13 Giugno: l’Olimpia Milano batte dopo una lunga e combattuta serie, la pallacanestro Reggiana 4-2 aggiudicandosi il 27° scudetto della propria storia cestistica. Questa stagione per l’Olimpia è da record, infatti nessun allenatore prima di Jasmin Repesa è mai riuscito a conquistare al primo anno in panchina Coppa Italia e Scudetto nella stessa stagione. Ma non è delle vittorie dell’Olimpia che quest’articolo vuol parlare, ma del continuo declino del nostro campionato, che da più importante al mondo (NBA esclusa) è diventato un campionato minore.

Fino ad una quindicina di anni fa, le squadre che partecipavano alla Serie A erano di proprietà di grandi industriali (Benetton, Stefanel, Scavolini) che investivano molti capitali nella costruzione della squadra, valorizzando il vivaio, da dove crescevano grandi campioni. Le squadre, ai tempi, avevano la possibilità di ingaggiare un numero limitato di stranieri e dunque cercavano, secondo le proprie disponibilità economiche, di ingaggiare cestisti che erano già dei campioni o che presto lo sarebbero diventati. In Serie A hanno giocato campioni del calibro di: Mike D’Antoni, Bob Mcadoo, Sasha Danilovic, Toni Kukoc, Manu Ginobili, tanto per fare qualche nome.

Con questo meccanismo le squadre italiane dominavano in Europa, ma con l’entrata dell’Italia nell’euro la qualità del nostro campionato anno dopo anno è costantemente scesa. I grandi industriali (tranne Armani) hanno progressivamente abbandonato le varie squadre che gli avevano regalato tanti successi, dato che investire nella pallacanestro è diventato troppo oneroso; questo ha causato così la scomparsa di alcune piazze storiche (Treviso, Bologna, Udine..). I giocatori italiani già affermati, per vincere in Europa, optano sempre di più di andare a giocare all’estero. Al contrario, i campioni stranieri sono stati sostituiti con altri giocatori stranieri spesso di scarsa qualità che hanno contribuito ad abbassare gli ingaggi dei giocatori italiani ed il livello tecnico del campionato.

Il loro scopo è quello di ottenere visibilità in modo da strappare un contratto coi “big money” in qualche squadra top di Eurolega o in NBA. Grazie alla legge Bosman che ha liberalizzato la presenza di stranieri, ormai è consuetudine avere squadre di Serie A con cinque italiani, poco utilizzati nelle rotazioni, e per il resto composte da stranieri che non si sforzano nemmeno di imparare l’italiano. La Siena dei sette scudetti consecutivi era composta per la maggior parte da stranieri che in Italia dominavano, anche se in Eurolega non sono mai riusciti ad imporsi fino alla vittoria.

Eppure, nonostante la crisi, l’Italia sforna ancora dei campioni che anche all’estero riescono ad ottenere successi: Belinelli primo italiano a vincere un titolo NBA con i San Antonio Spurs, Daniel Hackett campione di Grecia con l’Olympiakos, Niccolò Melli campione di Germania con il Brose Bamberg guidato da Andrea Trinchieri, Gigi Datome campione di Turchia, MVP delle Finali e quasi campione d’Europa col Fenerbahce di Obradovic. Quello che manca in Italia al momento è la presenza di grosse società polisposportive che riescano ad investire nel basket nonostante la crisi, così come succede in Spagna, Grecia e Turchia e Russia.

(di Simone Ongari)