Colonia, smettiamola con la lagna delle “colpe maschili”

 

Colonia, notte di Capodanno. Pochi istanti dopo i primi aggiornamenti sull’accaduto, la domanda su come si sarebbero poste le varie forze politiche del nostro Paese circa gli avvenimenti è balenata nella mente di molti.

Tralasciando i partiti di destra e i loro sostenitori, le cui azioni e reazioni sono altamente prevedibili, l’interesse si è spostato sugli eventuali pensieri che l’altra ala politica avrebbe reso pubblici nei giorni seguenti. La delicatezza – si fa per dire – del fatto ha chiaramente messo in difficoltà partiti e pubblici personaggi che non potevano giustificare le azioni dei molestatori e stupratori, in quanto così facendo si sarebbero posti contro la sicurezza e la libertà del genere femminile di cui si auto-definiscono promotori. 

D’altra parte però, il solo condannare i colpevoli per il fatto in sé sarebbe già stato visto come un attacco alle politiche sull’immigrazione portate avanti dall’Unione Europea, anche senza sottolineare la provenienza o l’identità dei molestatori – non è infatti cosa nuova che, per dimostrare la propria tesi, si ricorra al passaggio da un avvenimento particolare a un principio universale (cosa che accomuna i due poli opposti della politica), e la semplice ammissione dell’evidenza dei fatti avrebbe comportato un rischio troppo alto per le casse dei mi piace e dei sostenitori. 

Bisogna quindi riconoscere una certa prontezza ed abilità nel fronteggiare questa crisi Seldon (i fan di Asimov non me ne vogliano) ai promotori della politica di pseudo-sinistra, che sempre più facilmente entra nelle grazie degli italiani attraverso acrobazie retoriche talvolta verosimili; e fra queste acrobazie retoriche è possibile soffermarsi su quella elaborata proprio circa i fatti di Colonia: gli esponenti già menzionati, infatti, hanno saputo incanalare la loro presunta indignazione verso un nemico comune ben chiaro alle masse e soprattutto ai post-adolescenti (che necessitano un idolo verso cui puntare il dito quando la società in cui vivono genera loro frustrazioni): il patriarcato

Prima di entrare nel vivo dell’analisi, vorrei ricordare che in una società realmente egualitaria un’affermazione simile verrebbe sottoposta ad una severa gogna pubblica, che avrebbe forzato vari personaggi a delle scuse ufficiali o a delle dirette dimissioni, anche quando dichiarazioni simili sono frutto di un fraintendimento (o di una manipolazione mediatica) e l’autore non è un giornalista ma un biochimico da premio Nobel. 

L’utilizzo di questo capro espiatorio, però, vuoi per fretta o poi fiducia nei confronti dei propri seguaci, non è stato curato nei minimi dettagli: volendo infatti prestare attenzione al ruolo che il patriarcato ha assunto in questa vicenda, si noterà che gli autori delle molestie e degli stupri di capodanno non hanno usufruito eorum sponte dell’autorità derivata dal loro essere uomini, ma ne sono stati in qualche modo vittime, come se in preda ad una sorta di delirio antropologico collettivo fossero stati forzati a mettere le mani addosso a delle sconosciute che, se dovessimo prendere alla lettera la posizione di queste forze politiche, non avrebbero nemmeno il diritto di arrabbiarsi in quanto i loro assalitori devono essere riconosciuti vittime al loro pari. 

Il patriarcato, nel frattempo, è rimasto nel suo angolino in silenzio: nessuno si è infatti accorto che questo spettro maligno, fino a ieri strumento del maschio adulto, pare passato ad essere una forza a sé stante che porta gli uomini sulla cattiva strada – passaggio fondamentale ma a cui pochi hanno fatto caso. 

Di certo questa concezione sarà rinnegata a breve con impliciti passaggi alla routine mediatica quotidiana del maschio violento per scelta, per natura, per rimorso, per noia o per chissà cos’altro; ma al momento le idee al riguardo sembrano essere piuttosto confuse. 

Dobbiamo però notare che, per non sbilanciarsi troppo, la denuncia collettiva è avvenuta sì verso il patriarcato, ma solo nei momenti in cui l’attenzione era focalizzata sui colpevoli di Colonia; estendendo l’aggressione e l’odio al maschio come genere, è andato spostandosi verso l’uomo europeo in quanto carnefice (non certo vittima) e in particolare l’italiano, essendo l’anti italianità lo sport preferito nella nostra nazione. 

Non sono mancate quindi penosissime vignette e massime sul maschio italiano indignato perché “le sue donne se le stupra da sé”: non volendo dedicare a questi giochi infantili più caratteri del dovuto in questo articolo, risponderò con una ricerca a livello europeo sulla violenza fisica, sessuale e psicologica sulle donne europee dai quindici anni in su, dove l’Italia misogina e patriarcale è situata al diciottesimo posto, ben al di sotto della media europea. 

Non citerò i Paesi in testa perché sarebbe considerata blasfemia, di questi tempi. La sorte, in fin dei conti, è stata benevola con questi abili venditori, in quanto la morte di David Bowie coprirà senza dubbio il polverone che, in altre circostanze, avrebbe costretto la pseudo-sinistra italiana a delicati cambi di rotta e scalate sugli specchi non sempre funzionali. 

Di scuse per le gravi e ingiustificabili accuse a un intero genere (quello maschile) o un intero popolo (quello italiano) non ne aspettiamo di certo, in quanto il dogma dell’infallibilità papale non ammette errori ex cathedra da parte del pontefice, sia che il Santo Padre si vesta in bianco che in bandiere arcobaleno.

(di Valerio Dalla Ragione)